Riflessioni teologiche – 94. Intermezzo: tre requisiti di una teologia non-teistica

Briciole dalla tavola. Vangelo per senza Dio

di Alberto Ganzerli

Una teologia non-teistica che ritiene improbabile Gesù sia esistito – e che si rifà sul piano epistemologico alla definizione di teologia ermeneutica e critica proposta da David Tracy – possiede tre requisiti che la rendono efficace nello svolgimento del proprio compito. Il primo requisito, quello di riuscire a legittimare una pluralità di teologie teistiche e non-teistiche nell’oggi ecclesiale, è presente grazie al carattere pluralistico della definizione di Tracy e al carattere rilevante ma non assoluto delle convinzioni riguardanti ciò che si ritiene vero. Il secondo requisito, quello di riuscire a spiegare nella storia del cristianesimo un prevalente teismo e un recente minoritario non-teismo, è presente grazie al carattere non assoluto – ma comunque rilevante – delle convinzioni riguardanti ciò che si ritiene vero, rilevanza del vero che oggi richiede a una teologia non-teistica di affermare e argomentare la non-esistenza di Dio. Il terzo requisito, quello di riuscire a creare le condizioni per una teologia capace di affrontare il futuro, è presente grazie alla capacità di una teologia non-teistica di spiegare, interpretare e affrontare il futuro del cristianesimo, tanto nel caso il cristianesimo rimanga prevalentemente teistico quanto nel caso in esso prevalgano convinzioni non-teistiche.


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Abbiamo cercato fin qui di mostrare come una teologia non-teistica che ritiene improbabile Gesù sia storicamente esistito possa individuare nella definizione ermeneutica e critica di teologia proposta da David Tracy, alcuni elementi per una giustificazione teologico-fondamentale della propria epistemologia. Il prossimo passaggio consiste nel mostrare in che modo questa stessa teologia possieda i tre requisiti che avevamo individuato come caratteristiche che il sapere proprio di una teologia non-teistica dovrebbe possedere per corrispondere in modo adeguato al proprio compito. Il primo requisito è che una teologia non-teistica – mentre sostiene e argomenta la verità del proprio sapere – riesca al tempo stesso a sostenere e argomentare come legittima in linea di principio, nelle comunità ecclesiali contemporanee, una pluralità di teologie non-teistiche, teistiche e post-teistiche. È bene precisare che, in questa parte della nostra trattazione, le teologie post-teistiche, dal momento che non negano l’esistenza di Dio, sono assimilate e in qualche modo ricomprese nelle teologie teistiche. Ma torniamo a ciò che in questo caso intendiamo per pluralità legittima. Quello che tale pluralità legittima comporta è che, tra le diverse e divergenti affermazioni e convinzioni sul piano della verità, quelle fondate e valide certamente consentono di vivere l’esperienza cristiana ed ecclesiale nei suoi aspetti fondamentali, ma anche affermazioni e convinzioni erronee e inadeguate non impediscono di vivere la medesima esperienza cristiana ed ecclesiale nei suoi aspetti fondamentali. Ebbene, una teologia non-teistica che si riconosca nella definizione di Tracy possiede questo requisito perché corrisponde ai due elementi che ne determinano le caratteristiche. Il primo elemento, la pluralità strutturale e irriducibile, dipende dalla definizione di Tracy che una teologia non-teistica fa propria. Tanto una interpretazione della realtà quanto una interpretazione della situazione contemporanea vanno intese, infatti, rispettivamente come una tra altre possibili interpretazioni della situazione contemporanea e della tradizione cristiana. Il secondo elemento, la legittimità di visioni di per sé erronee rispetto ad alcuni aspetti della verità del cristianesimo, dipende dal fatto che una teologia non-teistica – pur ritenendo necessaria la ricerca della verità – riconosce il centro e il significato autentico del cristianesimo non tanto nella corrispondenza alla verità delle sue concezioni riguardo all’esistenza o non-esistenza di Dio, quanto piuttosto nella possibilità di sperimentare pratiche di vita buona, individuali e comunitarie, ispirate al messaggio evangelico. E una teologia non-teistica riconosce questa capacità di sperimentare e alimentare pratiche di vita buona anche a concezioni teistiche che ritiene di per sé erronee.

Se il primo requisito riguarda la capacità di legittimare una possibile compresenza nell’oggi della Chiesa di una pluralità di approcci teistici, non-teistici e post-teistici, il secondo requisito si pone sul piano della storia bimillenaria del cristianesimo e chiede di spiegare in modo convincente tanto il significato e il valore nella storia del cristianesimo di una lunghissima tradizione teistica, quanto il cambiamento significativo che una teologia non-teistica propone di introdurre in questa tradizione. Ebbene, una teologia non-teistica che si riconosca nella definizione di Tracy possiede questo requisito perché – grazie alla distinzione operata tra verità delle concezioni riguardo l’esistenza di Dio, da una parte, e possibilità di vivere l’esperienza cristiana ed ecclesiale nei suoi aspetti fondamentali, dall’altra – riesce a spiegare e giustificare sul piano diacronico del divenire storico della Chiesa e del cristianesimo sia la lunghissima tradizione teistica che il cambiamento proposto da una teologia non-teistica. Tale teologia, infatti, può riconoscere con verità nella possibilità offerta di sperimentare pratiche di vita buona, individuali e comunitarie, ispirate al messaggio evangelico il significato e il valore della tradizione teistica del cristianesimo per i credenti delle generazioni cristiane che si sono susseguite dalle origini del cristianesimo fino ad oggi. In altri termini, ciò che una teologia non-teistica apprezza e riconosce come valido e vero nella tradizione teistica non è la verità dell’affermazione dell’esistenza di Dio inteso in senso teistico – che da parte sua ritiene non corrispondere al vero – ma il fatto che il carattere erroneo di tale affermazione e convinzione, non abbia impedito in linea di principio e anche di fatto a generazioni di credenti, in questi due millenni, di vivere l’esperienza cristiana ed ecclesiale nei suoi aspetti fondamentali. Ma nello stesso tempo e in modo pienamente coerente, questa teologia non-teistica che riconosce l’autenticità del vissuto cristiano di chi ha pensato – in modo erroneo – che Dio esista, è chiamata a sostenere e argomentare la verità del proprio sapere e la verità delle proprie affermazioni sulla non-esistenza di Dio. Dal punto di vista di una teologia non-teistica, infatti, Dio – inteso in senso teistico – non esiste e non è mai esistito, per cui le convinzioni sulla verità dell’esistenza di Dio che hanno caratterizzato la storia del cristianesimo e della teologia cristiana sono da ritenersi erronee sul piano della corrispondenza alla realtà e alla verità. Ci troviamo posti, in questo modo, davanti a un cambiamento significativo nella tradizione teistica che una teologia non-teistica introduce, ritiene possibile, propone e richiede a chi è in condizione di affrontarlo e recepirlo. Ciò che spiega e legittima tale cambiamento è la necessità – anche etica – da parte di ogni credente di ricercare in coscienza e responsabilmente ciò che è vero, anche riguardo all’esistenza o non-esistenza di Dio.

Se il primo requisito riguarda la pluralità nel presente e il secondo requisito riguarda la legittimità del passato teistico e del cambiamento non-teistico nel presente, il terzo requisito riguarda il futuro – in buona parte sconosciuto – del cristianesimo e della Chiesa, un futuro che una teologia non-teistica deve essere in grado di affrontare, qualunque esso possa essere. Ebbene, una teologia non-teistica che si riconosca nella definizione di Tracy possiede questo requisito perché ha gli strumenti per affrontare adeguatamente tanto una situazione futura del cristianesimo e della Chiesa analoga a quella attuale, quanto una situazione diversa da quella attuale. Se infatti anche in futuro le teologie cristiane teistiche continueranno a costituire – come avviene oggi – un sapere plurale ma storicamente consolidato e fortemente maggioritario nel cristianesimo e nella Chiesa, il compito di una teologia non-teistica rimarrà, come oggi, quello di coltivare un sapere fortemente minoritario che ritiene legittime e autentiche benché erronee le forme di cristianesimo teistico, ma che non rinuncia a ricercare e proporre un’autenticità del messaggio e del vissuto cristiano ed ecclesiale che sia anche corrispondente al vero riguardo alla non-esistenza di Dio. Se invece la situazione del cristianesimo e della Chiesa dovesse diventare significativamente diversa da quella attuale, addirittura con un rovesciamento delle proporzioni numeriche tra teisti e non-teisti, il compito di una teologia non-teistica diventerebbe quello di coltivare un sapere divenuto maggioritario che, mentre ritiene legittime e autentiche benché erronee le forme divenute minoritarie di cristianesimo teistico, accompagna l’evoluzione storica del cristianesimo in forme non-teistiche. Ma riconoscere e interpretare il significato dei grandi fenomeni storici è operazione praticabile in modo adeguato solo a posteriori, per questo al momento una teologia non-teistica potrebbe unicamente delineare due possibili e ipotetiche direzioni per il cristianesimo e la Chiesa del futuro. La prima direzione – quella del perdurare di un cristianesimo prevalentemente teistico – è quella che conduce a interpretare il cristianesimo stesso come un fenomeno storicamente basato su un fraintendimento religioso mai davvero superato, cioè sulla convinzione erronea dell’esistenza di Dio, un fraintendimento che però non ha impedito a generazioni di credenti di vivere esistenze sostanzialmente ispirate al vangelo. La seconda direzione – quella dell’affermarsi di un cristianesimo prevalentemente non-teistico – è quella che conduce a interpretare il cristianesimo stesso come un fenomeno storico a lungo collegato alla convinzione erronea dell’esistenza di Dio, cristianesimo che è giunto a una consapevolezza del proprio fondamento non-teistico solo molto lentamente, senza che questo abbia impedito a generazioni di credenti di vivere esistenze sostanzialmente ispirate al vangelo. Ma, tornando all’oggi, una teologia non-teistica che rivendica il possesso di questi tre requisiti e che riconosce legittimità cristiana ed ecclesiale a teologie teistiche ritenute erronee, chiede a queste stesse teologie teistiche – che a loro volta la ritengono erronea – un analogo riconoscimento della propria legittimità cristiana ed ecclesiale per il presente e per il futuro. Un primo ma decisivo passo in questa direzione, del resto, si potrebbe riconoscere già nella teologia di Karl Rahner, un teologo che certamente non può essere definito non-teista. Ebbene la sua teoria dei cristiani anonimi (di cui abbiamo parlato al n. 2 di queste riflessioni teologiche) riconosce anche in persone che non credono in Dio o che non conoscono la figura di Gesù la possibilità di trovarsi ad essere fondamentalmente e autenticamente cristiane, non per le loro convinzioni su Dio e su Gesù, ma per il modo in cui vivono la loro esistenza.

Riferimenti:

La definizione di David Tracy di teologia come del «tentativo di stabilire delle correlazioni reciprocamente critiche tra una interpretazione della tradizione cristiana e una interpretazione della situazione contemporanea»
è quella citata da C.R. Bråkenhielm, La tradizione cristiana e la società contemporanea, «Concilium», XXX, 6 (1994), p. 45,
tratta da
David Tracy, 1.Theological Method, in Peter C. Hodgson – Robert H. King (edd.), Christian Theology. An Introduction to Its Traditions and Tasks, Fortress, Philadelphia 19892 (19821), pp. 35-60, p. 36
(Il volume è consultabile online sul sito della biblioteca digitale di Internet Archive)

Una breve presentazione in lingua italiana della teologia di David Tracy si può trovare in
Massimo Nardello, La legittimità e il ruolo della teologia cristiana nel contesto pubblico. In dialogo con la visione di David Tracy, «Rassegna di Teologia», 61 (2020) 459-482.

Una breve presentazione della teoria di Karl Rahner riguardo ai cosiddetti cristiani anonimi si può trovare al n. 2 delle riflessioni teologiche su questo sito del Centro Informazione Biblica.