Riflessioni teologiche – 77. Albert Schweitzer e le origini della concezione mitica del Gesù storico

Briciole dalla tavola. Vangelo per senza Dio

di Alberto Ganzerli

La concezione mitica del Gesù storico, che Albert Schweitzer presenta nella sua Storia della ricerca sulla vita di Gesù (distinguendola dalla concezione simbolica di Bruno Bauer e Albert Kalthoff), trova i suoi iniziatori in due autori francesi, Charles François Dupuis e Constantin François Volney, operanti tra le fine del Settecento e gli inizi dell’Ottocento. Ma la fortuna e lo sviluppo per tutto l’Ottocento e fin nel Novecento, tra i negatori del Gesù storico, di questa concezione mitica vanno collocate e comprese nel contesto storico, culturale e scientifico di un rinnovato interesse per gli studi riguardanti le mitologie dei popoli dell’antico oriente e dal conseguente aumento dei materiali scoperti dai ricercatori. All’interno di questo nuovo ambito di ricerca e di una nuova e più ampia interpretazione della gnosi e dello gnosticismo nel mondo antico, il cosiddetto metodo storico-religioso sembra destinato a conquistare una propria crescente autorevolezza, capace di riflettersi anche nei tentativi di negare la storicità di Gesù, riconducendolo a una figura mitologica.


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Albert Schweitzer, nel capitolo 22 della sua Storia della ricerca sulla vita di Gesù, dopo aver suddiviso i negatori del Gesù storico in due grandi categorie, definite rispettivamente come simbolica e mitica, descrive la concezione mitica in questi termini: «La figura di Gesù disegnata nei vangeli […] si configura come la storicizzazione di un’idea centrale prodottasi necessariamente in una fase determinata dello sviluppo della mitologia. […Secondo la concezione mitica] i momenti principali della tradizione evangelica sono riscontrabili nella mitologia […e] i materiali narrativi arcaici sono stati riuniti e condensati in una storia che doveva essersi svolta nel più recente passato e in terra giudaica». Alle origini di questa concezione mitica Albert Schweitzer pone due studiosi vissuti tra la seconda metà del Settecento e gli inizi dell’Ottocento: Charles François Dupuis, nato nel 1742, e Constantin François Volnay, nato nel 1757. Nel definirli «i grandi precursori della dottrina secondo la quale Gesù è una personalità mitica», Schweitzer afferma che «entrambi sostengono la presenza di un mito di tipo prevalentemente astrale nei vangeli, dal momento che tutte le narrazioni sugli dèi andrebbero spiegate a partire da eventi che accadono nel mondo della natura e degli astri. Dupuis sviluppa la teoria nella sua grande opera [stampata nel 1794] Origines des tous le cultes, che testimonia un’erudizione straordinaria» e nella cui prefazione alla sezione sul cristianesimo, scrive: «[traduco qui dal francese citato da Schweitzer] Il popolo fa del Cristo un Dio e insieme un uomo; il filosofo oggi non ne fa che un uomo. Da parte nostra non ne faremo assolutamente un Dio e ancora meno un uomo; infatti il sole è più lontano dalla natura umana, di quanto lui lo sia dalla natura divina. Cristo sarà per noi ciò che sono stati Ercole, Osiride, Bacco…». Quanto invece alla concezione mitica dell’altro autore, «Volney, un grande viaggiatore, l’esprime in frasi concise nelle sue Ruines [ou Méditation sur les Révolution des Empires del 1791]», nella forma di una «visione […nella quale] i seguaci delle diverse religioni in reciproco conflitto sono riuniti in un posto e qui informati, uno dopo l’altro, di essere vittima dell’inganno dei sacerdoti. Tutti i dogmi sono di natura mitica, asserisce l’Illuminismo; la vera religione è invece spirituale. Il dramma storico cristiano rappresenta il corso del sole attraverso lo zodiaco. La “vergine” gioca nell’interpretazione molto sommaria (tre pagine!) il ruolo principale».

Nell’offrire questa presentazione delle posizioni dei due autori, Albert Schweitzer, mentre riconosce che «entrambe le opere sono monumenti di cultura storica di prima grandezza» afferma: «eppure dal punto di vista scientifico e storico-religioso, non hanno alcun significato duraturo». Lo stesso Schweitzer riporta, tuttavia, un episodio che testimonia la circolazione di queste teorie agli inizi dell’Ottocento in determinati ambienti: «È noto che Napoleone, nell’ottobre del 1808, a Weimar, in una conversazione sul cristianesimo con lo scrittore Wieland sussurrò all’orecchio di costui che l’esistenza di Gesù Cristo costituiva un grosso interrogativo. [E questo scrittore] Wieland [avrebbe risposto:] “So, Maestà, che alcuni pazzi ne dubitavano, tuttavia a me pare una cosa folle, quanto il dubitare di Giulio Cesare o di Vostra Maestà”. Probabilmente l’imperatore [Napoleone] con la sua osservazione alludeva allo scritto di Volney, che certamente conosceva essendo amico dell’autore». Albert Schweitzer, scrivendo nel 1913, afferma che «la spiegazione mitica [come quella proposta da Dupuis e Volnay] e quella simbolica [come quella proposta da Bruno Bauer e Albert Kalthoff] compaiono l’una accanto all’altra nei tentativi più moderni di negazione della storicità di Gesù», ma lo stesso Schweitzer aggiunge che «è tuttavia la prima [cioè la spiegazione mitica] che prevale» e ne spiega così la fortuna: «I risultati della ricerca storico-religiosa della fine del diciannovesimo secolo e dell’inizio del ventesimo secolo vanno a suo favore. Nessuno poteva seriamente pensare di spiegare in termini mitologici la nascita del cristianesimo fino a quando si aveva una conoscenza precisa della sola mitologia greca, poiché il materiale a disposizione era troppo ridotto e non presentava alcun legame particolarmente sorprendente con il ciclo narrativo neotestamentario. In seguito però si aprì dinanzi agli sguardi stupiti dei ricercatori il caos delle tradizioni e concezioni orientali. Papiri, vasi d’argilla, iscrizioni, sepolcri e città sepolte nella sabbia svelarono i loro segreti».

Albert Schweitzer sottolinea l’importanza del nuovo contesto storico, culturale e scientifico che tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento diventa terreno fertile per la nascita di spiegazioni mitiche che negano la storicità di Gesù. E, in riferimento alle nuove scoperte archeologiche e di documenti antichi, descrive tale contesto in questo modo: «Nel retroterra di queste nuove acquisizioni emergevano idee che ravvivavano le rappresentazioni e le configuravano in forme sempre nuove. La mitologia cessò di essere una raccolta di favole divine e si riconobbe in essa un travestimento sensibile di un pensiero religioso capace di evoluzione. Le religioni misteriche greco-orientali testimoniarono di un’umanità che agli inizi della nostra era cercava la religione, s’impadroniva di concezioni e riti antichi, conferiva loro un significato nuovo e più profondo e nello stesso tempo superava le peculiarità dei diversi cicli tradizionali, mossa da una volontà che voleva vedere presentata in tutti, finalmente, la stessa e unica idea di redenzione». Uno degli elementi di svolta rispetto al passato riguarda una nuova interpretazione della gnosi, che Albert Schweitzer presenta in questi termini: «Si intuì che la scienza della religione aveva lavorato finora con un concetto di gnosi troppo ristretto, poiché con esso intendeva solo gli sforzi e i tentativi discussi dai padri della chiesa del secondo secolo cristiano e dai loro successori. Le ricerche più recenti sembrarono legittimare la comprensione in termini gnostici di tutto lo sviluppo delle religioni, dei miti e dei culti dell’Oriente, [queste stesse ricerche, inoltre, sembrarono] considerare l’accordo delle concezioni di origine più diversa e il processo dall’essoterico all’esoterico [e cioè da conoscenze aperte a tutti a conoscenze riservate a iniziati] come l’elemento caratteristico del processo in corso. È ovvio che la scienza storica, la quale aveva spiegato la genesi del cristianesimo senza servirsi ampiamente di tutto il complesso delle concezioni dell’Oriente religioso, venne giudicata unilaterale e arretrata. Il metodo “storico-religioso” venne celebrato enfaticamente come la chiave dei problemi irrisolti». E il modo nel quale, secondo Schweitzer, si cercò di affrontare alcuni di questi problemi irrisolti, applicando questo nuovo metodo agli studi biblici, sarà precisamente il tema da cui ripartire.

Riferimenti:

Albert Schweitzer, Storia della ricerca sulla vita di Gesù, Paideia Editrice, Brescia 1986 (1° ediz. tedesca del 1906, 2° ediz. ampliata 1913)
I testi citati sono tratti dal capitolo 22