Riflessioni teologiche – 71. Rudolf Bultmann: il paradosso di un Gesù esistito storicamente, ma di cui non sappiamo nulla

Briciole dalla tavola. Vangelo per senza Dio

di Alberto Ganzerli

Nell’introduzione del volume di Rudolf Bultmann pubblicato nel 1926 e intitolato Gesù troviamo tre importanti considerazioni, riguardanti il problema del Gesù storico, che nel loro insieme delineano una sorta di paradosso. Bultmann si dice convinto che non si possa sapere praticamente nulla della vita e della personalità di Gesù, data la scarsità delle fonti storiche; nello stesso tempo, Bultmann sostiene che il dubbio se Gesù sia veramente esistito sia infondato e non meriti neppure di essere confutato; d’altra parte, Bultmann – mentre ritiene che Gesù con forte probabilità sia stato veramente all’origine della tradizione cristiana – afferma che anche se fosse stato diversamente, in nessun modo cambierebbe ciò che è stato detto in questa tradizione, e ritiene perciò che chi volesse mettere questo ‘Gesù’ tra virgolette e farlo valere soltanto come una abbreviazione per indicare il fenomeno storico alle origini del cristianesimo, sarebbe padronissimo di farlo.


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riflessioni teologiche 71

Dopo Martin Kähler e Albert Schweitzer, Rudolf Bultmann è un terzo grande teologo ed esegeta che – siamo ormai negli anni Venti del Novecento – prende atto dell’impossibilità di ogni tentativo di scrivere una vera e propria Vita di Gesù, sul piano di una ricerca storica basata su elementi ricavabili in modo scientifico. Le scienze storiche del resto, sottolinea Bultmann, non consentono neppure di delineare – di Gesù – la psicologia o la personalità. Il testo fondamentale su questo argomento si trova nel volume del 1926 intitolato Gesù, nella cui introduzione Bultmann scrive: «Nell’esposizione seguente mancano del tutto affermazioni su Gesù quale grande uomo, genio o eroe; egli appare non come un essere demoniaco né come essere affascinante, le sue parole non vengono considerate profonde, né la sua fede potente, né il suo temperamento ingenuo. Neppure si fa questione dei valori eterni del suo messaggio, della sua scoperta delle profondità atemporali dell’anima umana o di qualcosa di simile. Lo sguardo invece è unicamente diretto a ciò che egli ha voluto e quindi a ciò che può diventare attuale in quanto esigenza della sua esistenza storica. Anche per questo motivo è eliminato l’interesse per la “personalità” di Gesù. Non perché io voglia fare di necessità virtù». E qui arriviamo al famoso passaggio, spesso citato, nel quale Bultmann afferma: «Infatti io sono indubbiamente del parere che noi non possiamo sapere praticamente nulla della vita e della personalità di Gesù, poiché le fonti cristiane non si sono interessate al riguardo se non in modo molto frammentario e con taglio leggendario, e perché non esistono altre fonti su Gesù. Ciò che è stato scritto da circa un secolo e mezzo sulla vita di Gesù, sulla sua personalità e sulla sua evoluzione interiore ecc., è frutto di fantasia e materiale da romanzo in quanto non sono ricerche critiche. Questa è l’impressione ricavata per esempio dalla lettura della Storia della ricerca sulla vita di Gesù, scritta brillantemente da Albert Schweitzer, oppure quando si richiamano i giudizi diversi dei ricercatori sulla coscienza messianica di Gesù. Riflettendo a quanto divergono i giudizi in merito, se cioè Gesù si è ritenuto o no messia, e se sì in quale senso lo ha fatto, a partire da quale periodo della sua vita, ecc. e inoltre riflettendo che non sarebbe certamente una cosa da poco il ritenersi messia, ma che uno che si ritenne tale deve essere stato per questo segnato in modo decisivo in tutto il suo essere, allora si deve confessare che, stante l’oscurità su questo punto, ciò significa che noi non sappiamo praticamente nulla della sua personalità. Personalmente [– prosegue Bultmann –] sono dell’avviso che Gesù non si è ritenuto messia, ma non mi faccio per questo illusioni di avere un’immagine più chiara della sua personalità. Però nell’esposizione seguente non ho in genere tenuto conto di questa questione, in ultima analisi non per il fatto che nulla di sicuro di può dire a proposito, ma perché ritengo la questione marginale».

Mentre dichiara e motiva in questo modo il proprio scetticismo sulla possibilità di ricostruire storicamente vita, psicologia e personalità di Gesù, Rudolf Bultmann non sembra, tuttavia, minimamente dubitare dell’esistenza storica – in Palestina e nella prima metà del primo secolo della nostra era – dell’uomo Gesù di cui parlano i Vangeli, come del resto, prima di lui, non sembravano averne dubitato neppure Albert Schweitzer e Martin Kähler. Anche su questo argomento troviamo una dichiarazione esplicita nelle stesse pagine introduttive al medesimo volume del 1926, nel contesto di un richiamo ai criteri di storicità applicati dall’esegeta Bultmann, che ritiene di poter distinguere nei materiali evangelici una successione di stratificazioni solo in minima parte risalenti al Gesù della storia. Scrive, infatti, Bultmann: «Questi vangeli sono stati scritti in greco all’interno del cristianesimo ellenistico, mentre Gesù e la comunità primitiva vissero in Palestina e parlarono in aramaico. Perciò tutto quello che nei Sinottici per motivi linguistici o contenutistici può aver avuto origine nel cristianesimo ellenistico deve essere eliminato quale fonte della predicazione di Gesù. Ma l’analisi critica mostra che il contenuto essenziale di questi tre vangeli è stato desunto dalla tradizione aramaica della comunità primitiva palestinese. All’interno di questo materiale si possono distinguere diversi strati, dovendo essere eliminato come secondario ciò che tradisce specifici interessi della comunità o che mostra i tratti di una progressiva evoluzione. Si giunge così mediante l’analisi critica a uno strato molto antico, anche se questo può essere delimitato soltanto con relativa sicurezza. Naturalmente non c’è certezza assoluta che le parole di questo strato più antico siano state pronunciate effettivamente da Gesù. Sarebbe possibile che anche l’origine dello strato più antico riconduca già ad un complicato processo storico che noi non possiamo più riconoscere». È precisamente dopo essere arrivato a questo punto del suo ragionamento che Bultmann afferma: «Certo il dubbio se Gesù sia veramente esistito è infondato e non merita di essere confutato. È del tutto evidente che egli è all’origine di quel movimento storico, di cui il primo stadio tangibile è rappresentato dalla comunità cristiana primitiva palestinese». Bultmann ritiene quindi che Gesù sia storicamente esistito e sia all’origine di quel cristianesimo giunto fino a noi.

E, tuttavia, insistendo sui limiti di ogni possibile ricostruzione della personalità del Gesù storico, Bultmann prosegue con queste parole: «Ma è un’altra questione quella di sapere fino a qual punto la comunità ha conservato in maniera oggettivamente fedele l’immagine di lui e della sua predicazione. Per coloro che si interessano della personalità di Gesù questo stato di cose è opprimente o disfattista; per il nostro scopo esso non riveste importanza essenziale. Oggetto della nostra presentazione è infatti il complesso di idee presenti in quello strato antichissimo della tradizione. Esso ci viene incontro innanzitutto come una parte della tradizione arrivata a noi dal passato e interrogandola cerchiamo l’incontro con la storia». Giunto a questo punto, però, Bultmann, sembra introdurre una sorta di distinzione tra il Gesù storico e il fenomeno storico che sta alle origini del cristianesimo. Ciò che Bultmann sembra affermare è che non sia indispensabile ritenere il Gesù storico come il portatore di quel complesso di idee che stanno all’origine della tradizione cristiana. Nel fare questo Bultmann introduce il termine probabilità e sembra legittimare anche la posizione di chi voglia sostituire al Gesù storico il fenomeno storico che starebbe all’origine della tradizione cristiana. In ogni caso, quando parla del «complesso di idee presenti in quello strato antichissimo della tradizione […che] ci viene incontro innanzitutto come una parte della tradizione […]» queste sono le parole utilizzate da Bultmann e sulle quali dovremo ritornare: «Come portatore di queste idee la tradizione ci ha indicato Gesù; con forte probabilità lo fu veramente. Se fosse stato diversamente, in nessun modo cambierebbe ciò che è stato detto in questa tradizione. Così neppure vedo alcun motivo di non dare alla seguente esposizione il titolo di predicazione di Gesù e di non parlare di Gesù come il predicatore. Chi vuole mettere questo ‘Gesù’ tra virgolette e farlo valere soltanto come una abbreviazione per indicare il fenomeno storico che qui ci occupa, padronissimo di farlo».

Riferimenti:

Rudolf Bultmann, Gesù, Queriniana, Brescia1972 (orig. tedesco, Jesus, Mohr – Paul Siebeck, Tubingen 1926)