Letture festive – 71. Disprezzati – 4a domenica del Tempo Ordinario – Anno A
Briciole dalla tavola. Vangelo per senza Dio
di Alberto Ganzerli
4a domenica del Tempo Ordinario Anno A – 29 gennaio 2023
Dal libro del profeta Sofonìa – Sof 2,3; 3,12-13
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi – 1 Cor 1,26-31
Dal Vangelo secondo Matteo – Mt 5,1-12a
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letture festive 71
Il passo del profeta Sofonia sembra preannunciare che gli unici a sopravvivere trovando riparo, di fronte all’avvicinarsi di realtà distruttive che incutono timore, saranno proprio coloro che – in quanto poveri – vengono disprezzati. Si tratta di tutti quelli che, anziché essere apprezzati per un qualche pregio e appunto per un prezzo che si sarebbe disposti a pagare per loro, sono ritenuti senza nessun pregio e valore e quindi, appunto, di poco o nessun prezzo. Ma nell’incontro/scontro con le forze distruttive della realtà, sembra che la resistenza davvero efficace non sia quella di una forza eguale e contraria – come potremmo immaginare la forza che sono in grado di opporre i ricchi e i superbi che si ritengono potenti – bensì quella di una misteriosa debolezza, propria di un popolo umile, povero e per questo disprezzato. Sono precisamente questi disprezzati, descritti dal profeta come poveri cercatori di giustizia e umiltà, a costituire una comunità capace di superare misteriosamente le avversità e di godere, come un gregge di animali mansueti, di pascoli e di riposo senza che alcuno li molesti.
Paolo si rivolge ai fratelli della comunità di Corinto sottolineando il paradossale privilegio che caratterizza la loro disprezzabile condizione di stoltezza, di debolezza e di basso livello sociale. Il rovesciamento di prospettiva che Paolo attribuisce al punto di vista divino è in realtà quello di uno sguardo realistico e disincantato sugli esseri umani: lo sguardo che riconosce come la fragilità e la piccolezza, la vulnerabilità e l’impotenza, siano tratti che in profondità davvero accomunano, chi più chi meno, tutti gli umani, con Dio e senza Dio, quali che siano le loro vere o presunte condizioni e appartenenze, sociali e economiche, religiose e culturali. In questo senso, quella che viene presentata dalla retorica di Paolo quasi come un’iniziativa di Dio mossa dal desiderio di umiliare le sue creature – ridurre al nulla le cose che sono – va compresa in realtà come un invito a liberarsi da illusioni e inganni, per riconoscere la verità della propria condizione personale e comunitaria. Si tratta di una consapevolezza che – mentre si viene disprezzati come stupidi e deboli, gente di poco valore – consente in realtà di raggiungere un’autentica sapienza, di riscoprire una forza nascosta, di trovare infine valore nella figura di Gesù, come in un riferimento solido e fecondo sul quale modellare il proprio diventare autenticamente umani.
Matteo presenta le beatitudini come una sorta di catalogo delle diverse situazioni per le quali – in quanto perdenti – si viene non solo commiserati ma anche disprezzati, nel senso di essere considerati persone non particolarmente apprezzabili per la propria condizione. Essere poveri, piangere, non imporsi, essere in cerca di una giustizia che non si è ancora trovata, perdonare anziché restituire il male ricevuto, essere trasparenti, cercare la pace disarmati, venire perseguitati: si tratta di limiti e debolezze, per lo meno agli occhi di chi apprezza le persone che nei conflitti sanno imporre sé stesse e la propria volontà. Ma la logica sottesa alle beatitudini evangeliche scommette che quanto appare perdente e privo di valore e di potenzialità e come tale viene disprezzato, si dimostri infine, in modo inatteso e benché nella forma del proprio contrario, apprezzabile in quanto pieno di valore e di potenzialità. La scommessa evangelica, se le diamo credito, intende proiettarci tutti, con Dio o senza Dio, in una dimensione dove la condizione di disprezzati viene trasformata o trasfigurata in quella di un’umanità universalmente apprezzata: ottenere in dono i beni più preziosi che mai saremmo stati in grado di comprare, essere consolati, ricevere in eredità la terra che abbiamo rinunciato a conquistare con la forza, sfamarci con un boccone di giustizia che abbiamo ardentemente desiderato, beneficiare a nostra volta della stessa misericordia che in altri casi siamo riusciti a concedere, vedere quelle profondità del reale che il nostro sguardo spesso non raggiunge, arrivare a riconciliarci, riconoscendoci reciprocamente come figli e figlie, come fratelli e sorelle, sapere che nessuna persecuzione può sottrarci ciò che è decisivo, se perseveriamo nel cercarlo come è giusto fare. Quando infatti si dà credito e fiducia alla scommessa evangelica, non ci sono insulti né persecuzioni, non ci sono maldicenze né disprezzo che possano toglierci l’esperienza di un’umanità autentica e sostenuta in profondità dalla gioia.