Letture festive – 38. Accogliere – 16a domenica del Tempo Ordinario Anno C

Briciole dalla tavola. Vangelo per senza Dio

di Alberto Ganzerli

16a domenica del Tempo Ordinario Anno C – 17 luglio 2022
Dal libro della Gènesi – Gn 18,1-10a
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossési – Col 1,24-28
Dal Vangelo secondo Luca – Lc 10,38-42


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letture festive 38

Nell’episodio raccontato in Genesi, per Abramo si sovrappongono fino a coincidere, anche in un significativo alternarsi di singolare e plurale, l’esperienza di accogliere Dio e l’esperienza di accogliere tre misteriosi viandanti. Abramo accoglie i viandanti come fossero Dio in persona e la sollecitudine accogliente di Abramo nei confronti del suo Dio si esprime e si concretizza in tutte le pratiche sociali, domestiche e rituali necessarie per mettere gli ospiti a proprio agio. Si tratta di qualcuno che è di passaggio e di cui Abramo riesce a cogliere le concrete esigenze, venendone ricambiato con la conoscenza e la promessa di realizzazione del suo desiderio più profondo. Il segno lasciato da questo passaggio è quello di una parola che nell’accoglienza del presente intravede la condizione di una possibile accoglienza futura. Chi come Abramo è capace di accogliere, offrire ristoro e sfamare viandanti inattesi che arrivano nell’ora più calda, sarà capace insieme a Sara – affermano i viandanti – di accogliere anche un figlio desiderato ma inatteso. Sarà un figlio che arriverà e che andrà accolto a tempo ormai apparentemente scaduto, ma i tempi che le parole bibliche richiedono per dare frutto sono diversi da quelli delle stagioni umane. La disponibilità di Abramo ad accogliere i misteriosi viandanti lo rivela capace, quasi alla fine di una vita, di accogliere anche quel futuro che – nel modo più radicale – ogni figlio costituisce realmente e rappresenta simbolicamente.

Anche nell’esperienza personale descritta da Paolo diversi modi di accogliere si presentano tra loro collegati. Accogliere la missione che gli è affidata costituisce un punto di partenza, ma ad essa si collegano altre due esperienze di accoglienza molto diverse tra loro, anche se in una profonda relazione reciproca. La prima esperienza è quella dell’apostolo di accogliere su di sé sofferenze che vanno sopportate perché possa trovare compimento quella parola che è capace di costruire la comunità dei credenti come corpo che arriva alla sua maturità. La seconda esperienza è quella dei destinatari di questa parola, invitati ad accoglierla come parola misteriosa – ma che viene infine manifestata – e come parola che consente di accedere a una speranza. Questa speranza, poi, se accolta, finisce per coincidere, nell’esistenza dei destinatari che la accolgono, con una presenza di Cristo che si manifesta come una sorta di perfezione della parola, nel compimento del percorso che va dall’annuncio dell’apostolo all’accoglienza da parte degli ascoltatori.

L’ascolto della parola si ritrova anche al centro del brano evangelico, dove Luca lo collega a una piena e adeguata accoglienza di Gesù da parte di Maria, opponendo quest’accoglienza all’atteggiamento e comportamento della sorella Marta. Una lunga tradizione interpretativa e spirituale ha visto simboleggiata in questa contrapposizione la superiorità della vita contemplativa dei religiosi rispetto all’inferiorità della vita attiva dei laici cristiani. Ma il fulcro della narrazione si trova in realtà in una diversa contrapposizione: da una parte, infatti, abbiamo la capacità di accogliere realmente la persona che si ha di fronte per quella che è: in questo caso un persona, Gesù, che intende proporre una parola al nostro ascolto; dall’altra abbiamo, invece, un’ospitalità che, nonostante le migliori intenzioni, si manifesta in un fare, agitato e dispersivo, dove prevale l’affannarsi in molte cose anziché il concentrarsi sull’essenziale, che è appunto l’altra persona; questa persona, nella sua singolarità, non coincide con i molti servizi – materiali o immateriali – che ci sforziamo di svolgere per lei. Il rischio di ogni accoglienza è – da questo punto di vista – quello di identificare il nostro accogliere l’altra persona con ciò che riteniamo di dover fare per lei, prima ancora di averla realmente ascoltata. L’ascolto è, invece, l’unica cosa veramente necessaria in ogni relazione di autentica accoglienza, è la parte buona che non sarà tolta a chiunque intenda davvero imparare ad accogliere.