Riflessioni teologiche – 33. Cristianesimo ecumenico e problema della verità (parte 3: APPROCCI ECUMENICI ALTERNATIVI ALLA CONVERGENZA SULLA VERITÀ)
Briciole dalla tavola. Vangelo per senza Dio
di Alberto Ganzerli
Osare un cristianesimo radicalmente ecumenico richiede un modo diverso di impostare il problema della verità, sul quale l’ecumenismo novecentesco è rimasto bloccato nella ricerca di una convergenza rivelatasi impossibile. Per sciogliere questo nodo della verità servirebbero la reciproca legittimazione – quando inevitabile – della possibilità di errare e l’umiltà di una fede che si vuole proiettata verso la realtà a cui ci orienta il vangelo e non vincolata alle proprie enunciazioni; queste ultime, infatti, devono cercare di essere vere – almeno per il soggetto che le formula – senza però dimenticare di essere fallibili e superabili. Su errori ed enunciazioni riguardanti la verità – elementi di un pluralismo non superabile – andrebbe affermata la prevalenza evangelica dell’amore perdonante, della reciproca accoglienza, del desiderio di unità e delle esperienze concrete di comunione vissuta (parte 3: APPROCCI ECUMENICI ALTERNATIVI ALLA CONVERGENZA SULLA VERITÀ)
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riflessioni teologiche 33
I tentativi dell’ecumenismo novecentesco di convergenza su tema della verità non sono purtroppo riusciti nel loro obiettivo di arrivare all’unità visibile tra le chiese. Abbiamo del resto evidenziato i rischi di questo tipo di approccio, per cui è legittimo dubitare che la convergenza sulla verità possa rappresentare la via migliore per il presente e il futuro dell’ecumenismo. Nell’ecumenismo del Novecento e in particolare nel fecondo decennio degli anni ’80 troviamo però anche altri tipi di approccio al problema ecumenico della verità, che sottolineano come la diversità tra le chiese sia un fattore da riconoscere e accettare, per integrarla nell’unità visibile che si sta ricercando. In questa direzione il teologo luterano Oscar Cullmann propone un modello di “unità attraverso la diversità”, basato sulle concezioni paoline di diversità dei carismi e di rispetto e accoglienza nei confronti dei deboli nella fede; il Consiglio Tedesco per gli Studi Ecumenici suggerisce l’idea di “unità nelle opposizioni” per cui, come il canone biblico comprende diversità anche contrastanti tra loro, così anche l’ecumenismo dovrebbe ricercare non tanto un consenso o una riconciliazione, ma una unità nella quale opposizioni e contrasti trovino una legittima collocazione; il teologo battista Erich Geldbach, parlando di un “ecumenismo nelle opposizioni” ne delinea caratteri e passaggi, collocando il dialogo tra posizioni contrastanti all’interno di una comunione vissuta.
Si tratta di contributi preziosi, in particolare per tre elementi rilevanti e da valorizzare. Il primo elemento: come sottolinea Cullmann, la originaria diversità dei carismi riconosciuta, apprezzata e valorizzata, deve rimanere il fondamento di ogni visibile unità e comunione ecumenica delle chiese, mentre la “debolezza nella fede” che impedisce di cogliere la verità può essere per chi la sperimenta una condizione insuperabile, in modo temporaneo o permanente; di questa condizione i cosiddetti “forti nella fede” devono tener conto, cercando con spirito evangelico di evitare che diventi motivo di esclusione o discriminazione ecclesiale. Il secondo elemento: come nota il Consiglio Tedesco per gli Studi Ecumenici, i contrasti e le opposizioni sono presenti fin dalle origini e a vari livelli nelle diverse comunità di fede, ebraiche prima e cristiane poi; tali contrasti e opposizioni hanno ricevuto nel processo di elaborazione del canone biblico una fondamentale legittimazione, nel loro concorrere a quella unità superiore – divenuta poi normativa, vissuta e vitale – che è la bibbia stessa, così come l’abbiamo ricevuta dalle nostre madri e padri nella fede; al canone biblico, nella sua pluralità anche contraddittoria, si dovrebbe ispirare anche la legittimazione dei contrasti e delle opposizioni presenti nelle attuali comunità e chiese cristiane, affinché possano concorrere a quella unità superiore, vissuta e vitale, che dovrebbe essere la comunione visibile tra le chiese.
Il terzo elemento: come propone Geldbach, una comunione visibile nonostante i contrasti, le opposizioni e le contraddizioni potrebbe fondarsi, da una parte, sull’atto iniziale di una dichiarazione comune degli articoli di fede già condivisi da parte di tutte le chiese cristiane e, dall’altra, su una rete permanente di dialoghi, che andrebbe intesa come un’espressione della comunione visibile già esistente e non come un passo preliminare a una futura comunione. Questa rete permanente di dialoghi offrirebbe – a chi già vive in una comunione visibile – lo spazio per confrontarsi sugli elementi oggetto di contrasto, opposizione e contraddizione; essa consentirebbe inoltre di recepire, valorizzare e rilanciare il lavoro svolto dai dialoghi e dai tentativi di convergenza sulla verità ereditati dall’ecumenismo novecentesco, per convergere sulla verità ovunque si voglia e sia possibile farlo senza controindicazioni o danni per qualcuno. Questi tre elementi, purtroppo non ancora adeguatamente recepiti e valorizzati dalle chiese, andrebbero riscoperti e riproposti, per poi essere ulteriormente adattati – come cercheremo di fare nei prossimi video – alle esigenze di quel cristianesimo radicalmente ecumenico che costituisce l’orizzonte delle nostre riflessioni.
Riferimenti:
O. Cullmann, L’unità attraverso la diversità. Il suo fondamento e il problema della sua realizzazione, Queriniana, Brescia 1987; orig. tedesco, Einheit durch Vielfalt. Grundlegung und Beitrag zur Diskussion über die Möglichkeiten ihrer Verwirklichung, Tübingen 1986.
O. Cullmann, Le vie dell’unità cristiana, Queriniana, Brescia 1994; orig. francese, Les voies de l’unité chrétienne, Paris 1992.
P. Neuner, Teologia ecumenica. La ricerca dell’unità tra le chiese cristiane, Queriniana, Brescia 2000, pp. 296-297.
E. Geldbach, Ökumene in Gegensätzen. Mit dem Memorandum “Reformatorische Kirchen und ökumenische Bewegung” in deutscher und englischer Sprache, V&R, Göttingen 1987.