Vangelo di Luca, presentazione velocissima
Germogli
“germogli” è una collanina, nata quasi per caso, dopo una riunione nella quale mi era stato chiesto di proporre una breve meditazione;
“germogli” è una cosa piccolissima, debole, un timido inizio, niente di ambizioso;
“germogli” ha la pretesa di mettere in comune qualche passo nel cammino di fede guardando alla Scrittura e sapendo che «né chi pianta è qualcosa, né lo è chi irriga, ma è Dio che fa crescere» (1Cor 3,7).
Alberto Bigarelli
L’evangelista Luca, che ha composto la sua unica opera in due volumi, il Vangelo secondo Luca e gli Atti degli Apostoli, inizia la narrazione con l’annuncio della nascita di Giovanni Battista (cf. Lc 1,5-25) e di Gesù, che realizza il Regno di Dio atteso da Israele (cf. Lc 1,26-38), e la conclude con Paolo, prigioniero a Roma, con l’annuncio che egli porta di questo Regno al mondo pagano (cf. At 28,31). Egli, uomo colto e medico di professione, scrisse la sua opera negli anni che vanno dal 70 all’80 d.C. per i credenti di origine gentile, con ogni probabilità nella regione intorno all’Acaia. Attinse le sue informazioni da quattro fonti scritte: il vangelo di Marco, la cosiddetta fonte Q, il vangelo dell’infanzia e una fonte sua propria. Luca è rispettoso di Marco, che segue quasi sempre fedelmente, ma aggiunge parti importanti, come il vangelo dell’infanzia (cc. 1-2) e la grande “inserzione” dei cc. 9-18. Ma, anche quando segue Marco, Luca ha sempre un tratto di originalità che gli permette, con vera arte narrativa, di sfumare o di omettere ciò che gli sembra superfluo (ad es. addolcendo i tratti più duri della passione o facendo sparire l’ira dal volto di Gesù) e di modificare o aggiungere con grande libertà ciò che intende sottolineare, per dare al “suo” Gesù un taglio più consono alla sua visione teologica e al suo intento pastorale, ad es. aggiungendo alla missione dei Dodici quella dei 72 discepoli, per spingere la comunità tutta all’apertura evangelizzatrice. La fonte Q (da Quelle, è tedesco e vuol dire fonte) è fondamentalmente una raccolta di “detti” e parabole che Luca condivide con Matteo, e che è alla base della piccola (6,20-8,3) e grande (9,5 1-18,14) “inserzione”, in cui Luca si distacca da Marco.Vi è poi un ampio patrimonio peculiare di Luca, costituito dal vangelo dell’infanzia, molto diverso da quello matteano, e da altre fonti (sia di “detti” che di miracoli), che insieme raggiungono quasi la metà del vangelo. Episodi come quelli di Marta e Maria – tanto per citarne qualcuno – o di Zaccheo, e parabole come quelle del padre misericordioso o del ricco banchettatore, sono narrate da Luca per marcare aspetti e sfumature propri del suo vangelo, come quelli della preghiera e della conversione, della misericordia divina e del necessario distacco dalle ricchezze.
Luca è un cristiano convertito legato al principio della tradizione, che non è memoria ripetitiva ma fedeltà alla propria contemporaneità e al presente della Chiesa. Tutto questo è ben espresso nel prologo al Vangelo quando egli afferma: «anch’io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato per te, illustre Teofilo, in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto» (1,3-4). Il terzo evangelista, nativo di Antiochia, storico e teologo, esponente della Chiesa delle origini e compagno di viaggio dell’«apostolo delle genti», che questi incontra a Troade nel suo secondo viaggio missionario e che associa a sé fino a Filippi, deve la sua originalità non solo all’arte dello scrivere, ma alla sua riflessione teologica. Egli mette in risalto il legame tra la Chiesa e il mondo giudaico all’interno della storia della salvezza e scrive in un periodo in cui la comunità cristiana non pensa più alla venuta imminente del Signore. Ciò apre il terreno ad una riflessione sul tempo della Chiesa che opera attraverso lo Spirito di Dio. Per Luca, infatti, è la Chiesa che prolunga e attualizza la salvezza della storia, consapevole che il tempo di Cri in svolgimento e il presente della comunità cristiana è l’oggi di Dio, dove si decide il futuro del Regno con una vita cristiana di testimonianza. La comunità, a cui Luca rivolge il suo scritto, è costituita da cristiani provenienti dal paganesimo e legata alla predicazione di san Paolo. Questa è invitata ad interrogarsi sul proprio cammino di fede cercando di vivere il Vangelo tra le prove e difficoltà della vita e confrontandosi con le promesse fatte da Dio al popolo dell’alleanza. Ma è consapevole anche che il disegno di Dio, iniziato nell’Antico Testamento realizzato nella persona e nella missione di Gesù, è comunicato, tramite gli apostoli alla Chiesa, luogo di salvezza per tutte le genti.
- Struttura letteraria e teologica del Vangelo
Da quanto si è accennato circa la prospettiva teologica si può tracciare ora lo schema cui si articola il testo lucano, tenente lo sviluppo narrativo incentrato su Gerusalemme e la diverse sezioni interne al Vangelo stesso, modulate su una struttura geografica e teologica insieme. Luca scrive i 24 capitoli della sua opera, fatta eccezione dei Vangeli dell’infanzia (Lc 1-2). con di un cammino verso la croce e la risurrezione di Cristo, che parte dalla Galilea fino a Gerusalemme.
Questa in dettaglio è l’articolazione dei vari capitoli del Vangelo di Luca:
– il prologo (cf. 1,1-4). L’autore espone le intenzioni della sua diligente e ordinata ricerca, fatta con spirito critico, risalendo fino agli inizi della Chiesa primitiva;
– le origini (cf. 1,5-2,50). La salvezza inizia a Gerusalemme con la narrazione della nascita e infanzia di Gesù in parallelo con quella di Giovanni Battista;
– gli inizi della missione (cf. 3,1-4,13). La predicazione della salvezza e missione del Battista,
il battesimo e le tentazioni di Gesù nel deserto;
– il ministero in Galilea (4,14-9,50). Il racconto di questa ampia sezione, muovendo dalla Galilea si allarga alla Giudea. Gesù chiama i discepoli, costituisce gli apostoli; parla in parabole, compie miracoli e istruisce gli apostoli, mentre la sua parola viene accolta diversamente dalla folla, dagli scribi e dai suoi discepoli. Luca in questa sezione concentra la parola kerigmatica di Gesù (cf. 4,18.43-44; 7,22; 8,1; 9,6); poi gli esorcismi come elemento caratteristico dell’attività di Gesù (cf. 4,33-36; 7,21; 8,2.26.39; 9,37-43) e le guarigioni (cf. 4,38ss.; 5,12-26; 7,1-17.20-23; 8,2-25.40-56); infine, gli episodi di perdono dei peccati (cf. 5,17-26.27-32; 7,36-50), dell’accoglienza della Parola (8,1-21) e dei primi annunci della passione (cf. 9,22.43-45). La sezione si conclude con l’inizio del viaggio di Gesù verso Gerusalemme (cf. 9,51);
– il cammino verso Gerusalemme (9,51-19,27). Gesù va a Gerusalemme, accompagnato dai discepoli, attraversa i confini della Giudea e la città di Gerico per portare a termina la sua missione di salvezza. Siamo di fronte ad un ampio sviluppo del racconto sulla sequela dietro Gesù (cf. 9,57-62) e sugli insegnamenti circa l’evangelizzazione, modello e guida per ogni discepolo, nonostante i ripetuti annunci della sua tragica fine a Gerusalemme (cf. 13,31-35; 17,25; 18,31-33); l’azione missionaria (cf. 10,1-24), il comandamento dell’amore al fratello (cf. 10,25-37), il primato della Parola e la vigilanza (cf. 10,38-42; 12,1-32); l’insegnamento sullo spirito di servizio (cf. 17,1-10), sulla povertà, sul distacco dai beni e sulla preghiera (cf. 12,13-30; 16,1-31; 11,1-13; 18,1-14), l’insegnamento sulla misericordia (cf. 15,1-31). Questo cammino verso Gerusalemme è il cammino della vita che ogni vero discepolo del Maestro deve percorrere nella sua sequela dietro a Gesù; il ministero a Gerusalemme, la passione, la morte e la risurrezione (cf. 19,28-24,53). A Gerusalemme viene portata a compimento da Gesù l’opera della salvezza. Gli avvenimenti finali della passione, morte e risurrezione (cf. 22,1-24,53) sono preparati dall’ingresso messianico del Signore nella Città Santa, dalle controversie con i capi dei giudei (cf. 19,28-2 1,4) e dal discorso escatologico (2 1,5-38).
Dando ora uno sguardo d’insieme alla struttura appena evidenziata, emergono due aspetti fondamentali nell’intenzione dell’evangelista: il primo riguarda l’irruzione del Regno di Dio e della salvezza nella storia umana attraverso la persona di Gesù e l’altro verte sul compimento di questo Regno come tensione verso la salvezza non ancora realizzata e futura. Alla comunità cristiana che vive nel tempo, Luca con la sua catechesi rivolge ai discepoli l’invito a non turbarsi di fronte al ritardo della salvezza e alle prove della vita, ma a vigilare e a camminare con Gesù nell’attesa della sua visita e della salvezza definitiva, che non mancherà per coloro che rimangono fedeli aprendosi all’azione dello Spirito.
Luca, tra gli elementi di continuità che coinvolgono il tempo di Gesù e quello della Chiesa, mette in risalto il ritratto del Maestro di Nazareth in prospettiva storica con una sua sensibilità e un suo stile. L’opera di Gesù, infatti, investe una nuova progettazione dell’uomo e della storia. E a Gerusalemme che si compie il disegno di Dio: da questo centro, per opera dello Spirito, la salvezza investe tutto il mondo e chiama la Chiesa a prolungarne l’opera, dopo il ritorno di Gesù al Padre. Per l’evangelista, Gesù è il mandato dal Padre e il consacrato dallo Spirito (cf. 4,14.18) perché «Dio ha visitato il suo popolo» (7,16); Gesù è il «profeta potente in parole e in opere, davanti a Dio e a tutto il popolo» (24,19); è colui che passa tra gli uomini guarendo e salvando perché ripieno della potenza di Dio; è colui che chiama tutti a conversione con la sua Parola, è l’amico dei peccatori, colui la cui missione è quella di «cercare e salvare ciò che era perduto» (19,10).
Ma più che in altri vangeli, Luca ci presenta Cristo nella sua umanità e con il volto misericordioso di Dio verso i pubblicani e i lontani, a cui offre una nuova possibilità di vita per far sperimentare a loro la bontà salvifica di Dio (cf. 15,1-31). Egli stesso si manifesta con tutta l’umiltà della sua origine nazaretana (cf. 1,5-2,52); anche se accompagnato da eventi straordinari fin dalla nascita, appare sempre circondato da debolezza, povertà e infermità. Incontra il rifiuto e la persecuzione da parte di molti (cf. 20,9-19); nel contesto dell’ultima cena è presentato come «colui che serve» (cf. 22,27), e consapevolmente entra nella passione realizzando la figura del «servo del Signore» (9,22), che dona il suo sangue per la salvezza dell’umanità (cf. 22,20). Luca, tuttavia, non dimentica i tratti di bontà e mansuetudine di Gesù verso l’umanità ferita dal peccato e bisognosa dì salvezza. Basta ricordare i suoi prodigi e la predilezione per gli ammalati, per i figli unici, le donne, i samaritani, gli stranieri e gli infelici, tanto da essere accusato di essere «un mangione e un beone, un amico dei pubblicani e dei peccatori» (7,34). Questa scelta di vita per l’umanità ferita è parte essenziale del suo programma messianico, annunciato nel discorso di Nazareth (cf. 4,18-19). Gesù è la trasparenza della bontà di Dio, che si fa accoglienza, perdono e misericordia verso tutti.
Ma la centralità di Cristo per la salvezza degli uomini si rivela anche nei titoli cristologici che Luca attribuisce a Gesù nella sua esistenza storica, quali «Salvatore» (2,11), «Signore» (1,43; 2,11), «Profeta» (7,16.39; 24,19) e soprattutto il titolo di «Figlio dell’uomo», che ricorre 25 volte in Luca, e che qualifica il messianismo di Gesù non in senso politico-sociale, ma come figura dell’attesa escatologica di Dn 7,13, che verrà a giudicare e salvare l’umanità (21,27-28). Se la figura di Gesù «profeta» e «Figlio dell’uomo» è per l’evangelista in linea con la concezione del profetismo antico, la persona di Gesù è presentata superiore ad ogni altro profeta perché la sua vita è sotto il segno dello Spirito Santo e soprattutto perché è il Figlio di Dio.
I temi fondamentali in Luca
Vari sono i temi che Gesù predilige nel suo insegnamento e che l’evangelista sottolinea con rara finezza espressiva e concreta spiritualità. La sostanza della vita cristiana, infatti, per Luca poggia sulla sicurezza in Dio e non sulle risorse umane, come la ricchezza e i beni terreni. Questo riferimento al trascendente, che evita di legarsi ai richiami del mondo, porta in luce al cristiano argomenti evangelici fondamentali, come la conversione (cf. 7,36-50; 19,1-l0; 23,39-43), la fede (cf. 7,1-10), la sequela (cf. 14,2 5-33), il servizio (cf. 12,35-48), la povertà (cf. 16,19-30) e l’amore al prossimo (cf. 6,27-38; 10,25-37), l’elemosina (cf. 12,13-33) e la vigilanza in attesa della venuta del Regno e della salvezza finale (17,20-37). Ma tra questi ed altri temi lucani vorrei evidenziarne tre che costituiscono l’ossatura di tutta la sua catechesi.
Il primo tema, che guida l’intera sua opera, è quello della salvezza di Dio che agisce nella storia e visita il suo popolo. La sottolineatura che Luca fa del mistero della salvezza gli è valso l’attributo, da parte dello studioso E. Lohse, di «primo teologo della storia della salvezza». La centralità di questo tema non solo è sottolineata in tutto il vangelo dell’infanzia (cf. 1,69.71.77; 2,11.30; 3,6), ma anche nel resto dell’opera lucana, dove la salvezza è preordinata da Dio, predetta nelle promesse profetiche delle Scritture e compiuta «oggi» nella persona di Cristo (cf. 2,10-11; 19,5.9-10; 23,43). In Luca l’oggi della salvezza riveste un aspetto tipicamente suo (cf. 2,1; 3,22; 5,26; 13,22-23), in quanto esprime l’adempimento del piano salvifico di Dio per l’intera umanità e annuncia che i tempi ultimi sono iniziati, apportatori della grazia del Signore. Questo progetto della «visita» di Dio nella storia della salvezza si realizza in tre tappe successive: quella d’Israele come promessa, quella di Cristo come realizzazione e quella della Chiesa come compimento. E tuttavia la persona di Gesù che con la sua vita, le azioni e la sua missione ricapitola le promesse antiche e le realizza nel suo tempo, proclamando il Vangelo della misericordia salvifica di Dio dalla città di Gerusalemme e poi, tramite la Chiesa, a tutto il mondo. Infatti, all’immagine della «visita» di Dio, che porta al popolo la salvezza e la vita nuova, subentra l’idea del «cammino» che l’umanità fa con Gesù verso la salvezza definitiva e futura di un mondo ricomposto secondo l’originario e ideale disegno della creazione.
Un secondo tema è quello del viaggio. Da un punto di vista narrativo, Luca replica la struttura di Marco, che, a metà vangelo, fa dirigere Gesù e il gruppo apostolico dalla Galilea a Gerusalemme. Ma in Luca, come già notato, l’insistenza per questa dimensione di cammino viene ulteriormente accentuata. Gerusalemme è il luogo dove le promesse salvifiche di Dio preannunciate nelle Scritture (Legge e Profeti) sono pienamente realizzate in Gesù, nella sua morte e risurrezione. La città di Dio è così il polo di attrazione di tutto il ministero di Gesù, verso cui procede risolutamente, come già nel suo primo viaggio ancora nel grembo di Maria («in fretta»). Per questo Luca decide di omettere quei brani di Marco in cui Gesù esce fuori dalla terra d’Israele (a Tiro e Sidone e nella Decapoli): tutto è concentrato e puntato su Gerusalemme. Da essa partirà la Chiesa, obbediente al comando di portare l’annuncio di salvezza a tutte le genti «cominciando da Gerusalemme» (Lc 24,47). Dunque, la città santa diventa lo snodo teologico fondamentale di questo passaggio dal tempo dell’attesa a quello del compimento, e da quello di Gesù a quello della chiesa (e dello Spirito). Il tema del viaggio è già tratteggiato nel vangelo dell’infanzia, in cui Maria prima e la Sacra Famiglia poi, sono dipinti continuamente in viaggio verso la Giudea e la città santa (per la visitazione, la presentazione al tempio e l’annuale pellegrinaggio pasquale, fra cui l’episodio del Gesù dodicenne tra i dottori); anche il Gesù risorto appare compagno di viaggio dei due pellegrini di Emmaus, che faranno ritorno a Gerusalemme dopo aver riconosciuto il Risorto allo spezzare del pane. Luca vuole che anche noi, lettori di oggi, ci sentiamo in viaggio con lui:
almeno sette volte richiama questo fatto nel corso del vangelo. Il viaggio di Gesù continua ancora oggi per il mondo attraverso la chiesa guidata dallo Spirito Santo, perché anche noi possiamo trasformare la nostra vita accogliendo il messaggio della fede.
Un terzo tema e quello della conversione che per Luca è una metanoia, un “ritorno” alle origini, alla radicalità della sequela. Egli sa che la chiesa per prima, se vuole convertire il mondo, deve convertire se stessa. La parabola del “figlio prodigo” (o, meglio, del “padre misericordioso e dei due figli”) – anche qui c’è di mezzo un viaggio! – può essere letta proprio come un richiamo al credente (il figlio maggiore che resta nella casa), perché si converta all’amore misericordioso del Padre, che vuole far festa per ogni figlio che rientra nella sua casa-chiesa. Sono molti gli episodi di conversione narrati nel vangelo, alcuni esclusivamente lucani: quello di Zaccheo (cf. 19,1-10) mette in evidenza la gioia che investe il peccatore quando, nell’incontro con Gesù, cambia vita e sistema di valori; l’episodio della peccatrice perdonata (cf. 7,36-50) mostra un aspetto spesso sottaciuto dai vangeli: il fatto che Gesù ama (e perdona i peccati), ma è poco amato; solo questa donna peccatrice dimostra una così grande tenerezza e affetto, insieme al pentimento, verso Gesù, prima ancora che la liberi dal suo carico di peccato. Ancora propri di Luca sono gli inviti al pentimento rivolti da Gesù al popolo riguardo ai sanguinosi incidenti che hanno coinvolto alcuni galilei (cf. 13,1-5), episodi che sono da leggere come occasione di conversione per tutto il popolo. Sulla croce, Luca pone sulle labbra di Gesù il più discusso atto di perdono, quello rivolto in extremis al malfattore pentito (cf. 23,39-43), che da quel momento è accolto nella comunione dei santi. Non sfugge che, di fronte a quella scena di morte (e di vita), le folle «se ne tornavano percuotendosi il petto» (23,48) in segno di ravvedimento. E se, per gli altri sinottici, è necessario il canto di un gallo nell’episodio della conversione di Pietro, a Luca basta lo sguardo amorevole di Gesù per provocare il pianto dirotto dell’apostolo.
Un quarto tema centrale in Luca è quello della gioia e della lode, espresso da un ricco vocabolario e che trova il suo inizio nella nascita di Gesù (cf. 1,14.28.44; 2,10.20.38) ed esplode nei cantici lucani del Magnficat (cf. 1,46-55), del Benedictus (cf. 1,67-79), del Gloria in excelsis (cf. 2,13-14) e nel Nunc dimittis (cf. 2,28-32). Della gioia messianica è ripieno tutto il Vangelo dall’inizio alla fine. Sono motivi di gioia la nascita del Battista e quella di Gesù (cf. 1,14.28.58), la gioia dei pastori all’annuncio dell’angelo per la nascita del Salvatore (cf. 2,10), la gioia dei discepoli che tornano a Gesù dopo l’esperienza dell’evangelizzazione (cf. 10,17), la gioia di tanti malati e lebbrosi guariti e la gioia di peccatori, come Zaccheo, che ritrovano la vita (cf. 19,6), la gioia delle folle che acclamano Gesù come «re, nel nome del Signore» (cf. 19,37-38), la gioia dei discepoli di Emmaus che ritrovano la strada del ritorno a Gerusalemme per aver visto Gesù risorto (cf. 24,41) e la gioia degli apostoli che, alla fine del Vangelo dopo l’ascensione del Signore, se ne ritornano in città «con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio» (24,52). Alla gioia si unisce la lode di tante persone che incontrano Gesù e con riconoscenza lo lodano per la grazia ottenuta, come Anna (cf. 2,38), come Giairo per la risurrezione della figlia (cf. 8,49-56), poi la donna curva guarita (cf. 13,13), il cieco di Gerico (cf. 18,43), il centurione (cf. 23,47) e in seguito le folle e tutta la comunità nascente per le opere di misericordia di Gesù, specie a vantaggio dei poveri e dei piccoli. La misericordia e il perdono sono la nota caratteristica di Gesù che con la sua mitezza ricerca la pecorella smarrita e va incontro a tutti i bisogni umani. Cristo vuole che ogni uomo torni a Dio e gioisce quando questo figlio smarrito ritorna penitente al Padre e fa gioire il cuore di Dio.
Un quinto tema caro all’evangelista è quello dell’annuncio ai poveri. Luca è il vangelo dell’evangelizzazione. Malgrado non compaia mai il termine “vangelo”, il verbo “evangelizzare” invece e usato moltissimo e quasi esclusivamente da Luca: nel vangelo 10 volte (su 11 di tutti i vangeli), e 15 volte negli Atti. La scena che meglio concentra e anticipa il programma missionario di Gesù è quella della sinagoga di Nazaret, con cui Gesù inaugura il suo ministero pubblico in Galilea: con la solenne proclamazione del testo di Is 61,1-2 e 58,6 Gesù si presenta come colui che possiede lo Spirito, compie le Scritture ed è inviato dal Padre ad «annunciare ai poveri un lieto messaggio». L’evangelo che Cristo annuncia è innanzitutto la sua persona, che rende “pieno” il tempo dell’attesa messianica e manifesta il regno di Dio già operante; egli proclama la liberazione dei poveri, il ribaltamento delle gerarchie sociali come conseguenza di questo compimento in lui delle promesse di Israele. Da questo annuncio di salvezza, di cui i poveri sono destinatari privilegiati, dipendono la nascita dell’uomo nuovo (fondato sulla fede e la conversione, la solidarietà, il distacco dai beni, la gioia e la lode) e della comunità nuova, preparata da Gesù con i Dodici, che rinnova ma non sostituisce Israele.
Infine, Luca testimonia un amore di Dio che riguarda tutti gli uomini, ma accentua una particolare predilezione per i poveri. Questo lo si può scorgere già nel vangelo dell’infanzia che, a differenza di Matteo, prende come protagonisti dei personaggi umili, anonimi: Maria l’umile per eccellenza; rispetto ai nobili magi di Matteo qui troviamo i pastori; non c’è spazio per re e personaggi eccellenti (come Erode), ma la voce è data a personaggi minori, sconosciuti, come il vecchio Simeone e la profetessa Anna. In Luca Gesù proclama «beati i poveri» (6,20), omettendo in spirito, per sottolineare, a differenza di Matteo, che la condizione stessa di povertà materiale attira la simpatia e la beatitudine di Dio. E, subito dopo, solo il Gesù locano aggiunge quattro «guai a voi» per mettere in guardia i ricchi del pericolo delle ricchezze.
Un sesto tema è quello della preghiera che si lega alla presenza attiva dello Spirito Santo, il grande protagonista del Vangelo. Gesù rimane il modello assoluto sia per il contenuto che per la vita di preghiera del discepolo. Luca la richiama nei momenti importanti della vita di Gesù: al battesimo, nella scelta dei Dodici apostoli, nella confessione di fede di Pietro, nella trasfigurazione sul Tabor (cf. 9,2 8-32). Insegna ai suoi discepoli il dovere della preghiera, sottolineando la necessità, l’efficacia, la perseveranza nella preghiera. Ma è nel viaggio di Gesù verso Gerusalemme che l’evangelista inserisce istruzioni e piccole catechesi sulla preghiera come il Padre nostro (cf. 11,1-5), la parabola dell’amico importuno e la similitudine del pesce e dello scorpione sulla potenza della preghiera (cf. 11,5-13). Anche nei momenti difficili della vita va richiesto l’aiuto di Dio, con umiltà e costanza per non cadere in tentazione, come nella parabola dell’amico importuno, del giudice e la vedova, del fariseo e del pubblicano (18,1-14), e specie davanti al dolore, allo smarrimento e alla vicinanza della morte non deve mancare la preghiera, come Gesù ha fatto nell’orto degli ulivi e sulla croce (cf. 22,39-46; 23,44-46). Per Luca, tuttavia, questo insegnamento di Gesù poggia sulla consapevolezza che la preghiera è un effetto dello Spirito Santo, che è il vero suscitatore dell’invocazione e della supplica a Dio nel cuore del credente, colui che garantisce e sostiene l’opera di evangelizzazione crea novità di vita nella comunità e costruisce l’unità nella diversità. È lo Spirito che suscita la conversione nel cuore del discepolo e questo messaggio l’evangelista lo comunica alla sua Chiesa e a quella di ogni tempo e sul quale poggia tutta la sua catechesi, che ha lo scopo di rinnovare il cuore del credente e farlo entrare in comunione con Dio.
Conclusione
L’anno giubilare che sta per inaugurarsi è un invito a leggere e vivere l’incontro con Cristo attraverso il Vangelo di Luca per rafforzare o ritrovare in profondità la gioia della fede, che non è solo accogliere la rivelazione di Dio, ma bensì fidarsi della sua parola e della sua persona. Leggere il Vangelo – ha detto Benedetto XVI: «si tratta dell’incontro non con un’idea o con un progetto di vita, ma con una Persona viva che trasforma in profondità noi stessi, rivelandoci la nostra vera identità di figli di Dio. L’incontro con Cristo rinnova i nostri rapporti umani, orientandoli, di giorno in giorno, a maggiore solidarietà e fraternità, nella logica dell’amore. Avere fede nel Signore non è un fatto che interessa solamente la nostra intelligenza, l’area del sapere intellettuale, ma è un cambiamento che coinvolge la vita, tutto noi stessi: sentimento, cuore, intelligenza, volontà, corporeità, emozioni, relazioni umane. Con la fede tutto cambia in noi e per noi, e si rivela con chiarezza il nostro destino futuro la verità della nostra vocazione dentro la storia, il senso della vita, il gusto di essere pellegrini verso la Patria celeste» (Catechesi del mercoledì, 17.10.2012).