Riflessioni teologiche – 75. Albert Schweitzer su Bruno Bauer negatore del Gesù storico
Briciole dalla tavola. Vangelo per senza Dio
di Alberto Ganzerli
Albert Schweitzer presenta Bruno Bauer come colui che, negli anni ’40 dell’Ottocento formula l’ipotesi che Gesù non sia storicamente esistito, a partire da un approccio ai vangeli, Giovanni prima e i sinottici poi, che ne coglie l’aspetto fondamentalmente letterario. Bruno Bauer, dopo aver interpretato i sinottici come riscritture di un unico e primo vangelo – quello di Marco – arriva a negare il valore del vangelo di Marco come fonte storica, affermando l’origine esclusivamente artistica e letteraria anche di questo vangelo, così come inizialmente aveva fatto per quello di Giovanni. La ricerca di Bruno Bauer, che – anche per i suoi limiti – ha incontrato tra i contemporanei rifiuto e insuccesso, ha colto tuttavia sul tema della non-esistenza storica di Gesù alcuni elementi che sono rimasti da approfondire, non solo all’epoca di Albert Schweitzer, un secolo fa, ma ancora oggi.
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Albert Schweitzer nella sua Storia della ricerca sulla vita di Gesù, dedica un capitolo, intitolato: la prima vita scettica di Gesù, a Bruno Bauer, che viene descritto con queste parole: «aveva trent’anni, quell’età decisiva nella quale i discepoli preparano sorprese ai maestri e gli uomini diventano quello che sono e non quello che hanno imparato». In effetti, nei primi anni ’40 dell’Ottocento, Bruno Bauer pubblica due opere, Critica della storia evangelica di Giovanni e Critica della storia evangelica dei sinottici, capaci di porre alcune delle questioni decisive riguardo all’esistenza o alla non-esistenza storica di Gesù. Uno dei due percorsi che Bruno Bauer aveva davanti a sé nell’intraprendere la sua ricerca sulla storia evangelica era quello storico, a partire dal concetto giudaico di messia, ma – scrive Albert Schweitzer – «egli scelse l’altro, quello letterario, che comincia dal capo opposto, cioè dalla fine della storia evangelica. Si parte dal vangelo di Giovanni dove una riflessione concreta rappresenta la vita del messia giudaico nel quadro dell’idea del Logos e si ritorna poi […] alle altezze donde è scaturita la tradizione evangelica. Così – prosegue Schweitzer – era deciso il destino del lavoro della sua vita: Bauer doveva seguire la soluzione letteraria del problema della vita di Gesù fino alle sue estreme conseguenze. Allora non sapeva ancora fino dove questa strada l’avrebbe portato, ma intuiva la forza del pragmatismo che crea storia partendo dall’idea, che forma e costruisce con istinto artistico immediato. […] in Giovanni, discepolo di Filone, non bisogna cercare storia ma arte. Il quarto vangelo è un’opera d’arte». La domanda che a questo punto Albert Schweitzer mette in bocca a Bruno Bauer è la seguente: «Se nel vangelo di Giovanni non è possibile trovare un solo atomo che non sia stato toccato dalla riflessione dello scrittore creativo, come staranno, invece, le cose per i sinottici?» Bruno Bauer nel passare dalla ricerca su Giovanni alla ricerca sui sinottici arriva a registrare che, sul piano della storicità, tra Giovanni e sinottici non vi è «differenza […] strutturale, ma solo di grado» e il problema si ingigantisce quando si arriva ad affrontare il rapporto tra gli altri sinottici e il vangelo di Marco, con la tradizione storica che ne sarebbe alla base.
Scrive Schweitzer: «Se si ammette che tutta la tradizione evangelica nel suo disegno complessivo risale a un unico scrittore che ha connesso tra di loro i singoli avvenimenti, non è forse naturale attribuire fino a un certo grado allo scrittore non solo il nesso che lega gli avvenimenti in Marco ma anche la loro stessa tradizione [cioè il contenuto che viene tramandato come storico], giacché [altri autori non] considerano che il contesto delle pericopi sia storico?» Ci avviciniamo qui a uno dei punti decisivi, perché la riduzione di più testimoni a uno solo – Marco – mette in crisi il criterio storiografico della molteplice attestazione e Schweitzer, infatti, osserva: «Gli altri non intuirono quale pericolo potesse nascere dal mantenere uno solo dei tre testimoni che rappresentano la tradizione e dal sostenere che la tradizione può venir riconosciuta e deve esistere in quest’unica forma scritta. Il triplice argine ha tenuto; ma uno solo terrà?» Nel porre questa domanda retorica Schweitzer vede chiaramente che l’enfasi sull’intervento letterario dello scrittore evangelico, rispetto a un presunto materiale storico, finisce per logorare ulteriormente quel filo già sottile che collega gli eventi tramandati come storici alla elaborazione letteraria dell’evangelista. Per questo descrive le conclusioni cui arriva Bruno Bauer in questo modo: «La critica del quarto vangelo ci costringe ad ammettere la possibilità che un vangelo possa essere di origine puramente letteraria […] ma quando entrambe le conoscenze [questa e quella che Marco sia stato il primo vangelo] gli apparvero certe, gli sembrò che insieme concorressero a configurare l’ipotesi che proprio Marco avrebbe potuto avere un’origine esclusivamente letteraria». Siamo arrivati in questo modo al nucleo della posizione di Bruno Bauer, che anticipa quello che vedremo sarà uno dei cardini delle più recenti ipotesi sulla non-esistenza storica di Gesù, cioè la natura artistico-letteraria e non storica del materiale evangelico che riguarda Gesù. La successiva trattazione di Schweitzer non fa che esporre e sviluppare ulteriormente questo nucleo decisivo della posizione di Bruno Bauer: «Matteo e Luca non sarebbero altro che perfezionamenti letterari di Marco e come questo prodotti letterari». Riguardo poi, ad esempio, alle «storie della nascita», Schweitzer spiega: «Se si trattasse di creazioni della tradizione, non potrebbero differire in modo così evidente l’una dall’altra. […] Le narrazioni da cui deriva ciascuna di queste preistorie non potevano essersi formate singolarmente e l’una indipendentemente dall’altra poiché nessuna sussisteva di per sé stessa e ognuna rimanda all’altra essendo creata in base a una concezione complessiva del tutto. Le preistorie non sono quindi tradizione [cioè storia tramandata] fissata letterariamente ma prodotto letterario».
Albert Schweitzer riassume perciò la forma che assume l’ipotesi marciana in Bruno Bauer: «non vi è alcuna tradizione ma solo tre scrittori su cui si fonda la nostra conoscenza della storia evangelica. Due sono dipendenti in quanto sono solo perfezionamenti del primo, mentre il terzo, Matteo, è ancora dipendente dal secondo. Di conseguenza non vi è alcuna tradizione ma in verità soltanto uno scrittore della storia evangelica». La risposta di Bruno Bauer – afferma Schweitzer – «alla questione che tanto appassiona gli spiriti, se Gesù sia il Cristo storico […è] che tutto quello che il Cristo storico è, tutto quello che di lui viene detto, tutto quello che noi sappiamo di lui fa parte del mondo della rappresentazione, e proprio della rappresentazione cristiana, e quindi non ha nulla a che fare con un uomo che appartenga al mondo reale». Anche il legame che Bruno Bauer stabilisce in seguito tra «il giudizio sull’esistenza o meno della personalità storica di Gesù» e la «progettata indagine sulle lettere paoline» porta a concludere che «non vi è mai stata una personalità storica di Gesù». Ma i limiti che presenta, da altri punti di vista, la sua ricerca, a partire dal fatto che «Bauer mostra tuttavia di non essere in grado di fondare in maniera storicamente positiva la sua concezione della genesi del cristianesimo» suggeriscono un giudizio articolato ad Albert Schweitzer, il quale ricorda che «purtroppo Bauer stesso, per il modo […] con cui ha sviluppato i problemi, ha reso i propri pensieri inefficaci per la teologia del suo tempo. Egli richiuse i passaggi che aveva aperto nel monte, cosicché tutta una generazione fu impegnata a riscoprire i filoni che egli aveva incontrato. I contemporanei non poterono intuire che il carattere abnorme delle sue soluzioni dipendeva dall’intensità con cui egli aveva colto le questioni nella loro problematicità e che era diventato cieco alla storia proprio per essere stato un osservatore troppo acuto». Dall’altra parte, Schweitzer afferma: che «fu un errore seppellire insieme al Bauer del secondo periodo il critico, quello del primo periodo. Questi infatti non era morto», dal momento che «nessuno più di [Bauer] aveva compreso l’impressionante complessità della vita di Gesù. […] Bauer stabilì l’esistenza di un protoevangelista creatore di storia […]. I contemporanei condannarono con la soluzione i problemi che avevano spinto a quella soluzione; […] condannarono poiché non erano in grado di cogliere né di superare queste difficoltà. Ma – prosegue Schweitzer – è ormai passato il tempo in cui si giudicano e si condannano le Vite di Gesù in base alle soluzioni offerte. Per noi sono grandi quelle vite di Gesù che hanno scoperto i problemi, non quelle che li hanno appianati. La critica della storia evangelica di Bauer vale una dozzina di buone vite di Gesù, poiché, come possiamo capire soltanto oggi, dopo un buon mezzo secolo, costituisce il repertorio più geniale e più completo che comunque esista sulle difficoltà della vita di Gesù». Schweitzer scrive nei primi decenni del Novecento ma queste sue parole su Bruno Bauer invitano noi, a distanza di un secolo, a indagare ulteriormente sui problemi rimasti ancora aperti.
Riferimenti:
Albert Schweitzer, Storia della ricerca sulla vita di Gesù, Paideia Editrice, Brescia 1986 (1° ediz. tedesca del 1906, 2° ediz. ampliata 1913)
I testi citati sono tratti dal capitolo 11