Letture festive – 87. Congedarsi – Ascensione del Signore – Anno A
Briciole dalla tavola. Vangelo per senza Dio
di Alberto Ganzerli
Ascensione del Signore Anno A – 21 maggio 2023
Dagli Atti degli Apostoli – At 1,1-11
Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesìni – Ef 1,17-23
Dal Vangelo secondo Matteo – Mt 28,16-20
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letture festive 87
Congedarsi è un momento di passaggio spesso difficile e delicato. La narrazione mitica di fondazione della comunità cristiana offerta dal libro degli Atti degli Apostoli si apre con la descrizione del congedarsi di Gesù dai suoi, che viene collocato geograficamente a Gerusalemme e posto sotto l’azione dello Spirito Santo. Gerusalemme e lo Spirito, infatti, rappresentano rispettivamente la città simbolica centrale per la vicenda di Gesù e la forza propulsiva grazie alla quale il messaggio di Gesù è destinato a diffondersi fino ai confini della terra. Ma il congedarsi di Gesù, benché presentato quasi come un trionfale essere assunto e un ascendere verso il mondo divino rappresentato dal cielo, risulta, invece, attraversato da alcune ombre. Anzitutto la domanda rivolta a Gesù dagli apostoli, proprio nel momento del suo congedarsi: Signore, è questo il tempo nel quale ricostituirai il regno per Israele? Questa domanda sembra rivelare una tragica incomprensione da parte degli apostoli stessi, ancora legati all’idea di un regno da ricostituire per Israele, tanto che la risposta di Gesù deve insistere, invece, sulla forza dello Spirito – grazie al quale gli stessi apostoli sono stati scelti da Gesù – e sull’essere testimoni da Gerusalemme fino ai confini della terra. Così, anche dopo che una nube ha sottratto agli sguardi degli apostoli il Gesù ormai asceso al cielo, è necessario l’intervento di uomini biancovestiti – e quindi appartenenti al mondo divino – perché gli apostoli stessi capiscano che con il congedarsi di Gesù ha preso inizio la loro missione, rivolta alla terra e non al cielo, e che con il congedarsi di Gesù si è ormai inaugurata, per il presente e per il futuro, una nuova modalità nel rendersi presente dello stesso Gesù. Anche a noi – lettori con Dio o senza Dio del racconto di Atti – è richiesto di accettare questo congedarsi di Gesù, affrontando e superando i due rischi sempre presenti in ogni congedarsi delle figure che sono per noi importanti: il primo rischio è quello di non riuscire a comprendere – e quindi di non poter accettare – il vero messaggio che ci viene lasciato da chi se ne va; il secondo rischio è quello di non riuscire a distaccarsi dal luogo e dal momento nei quali la presa di congedo è avvenuta e, per questo, di continuare a fissare un cielo dove in realtà non si vede più nessuno, anziché puntare lo sguardo in direzione dei confini della terra, fin dove ci è richiesto di essere testimoni di Gesù.
Quelle che Paolo rivolge ai cristiani di Efeso sono parole intense, che rappresentano insieme un augurio, un’invocazione e una preghiera, e che noi oggi, con Dio o senza Dio, potremmo leggere anche come il lascito di qualcuno che sta per congedarsi e che desidera concentrare nelle parole che affida ai suoi gli elementi essenziali del proprio messaggio. Qui il messaggio riguarda ciò che è necessario perché si possa accedere alla speranza alla quale si è chiamati e che rappresenta un tesoro di gloria che è offerto in eredità. Questo tesoro, ancora misterioso, è dotato di una potenza, di una forza, di un vigore e di un’efficacia straordinariamente grandi, che però richiedono alcune condizioni. E queste condizioni sono precisamente quelle che l’autore della lettera desidera si trovino nei suoi lettori credenti: uno spirito di sapienza e di rivelazione che renda profonda la conoscenza e illumini quegli occhi del cuore che consentono di comprendere in modo profondo e autentico. Il testo della lettera agli Efesini prosegue affermando che questa speranza è stata manifestata in quello che appare come un unico evento collegato al Cristo e che viene presentato facendo ricorso a categorie religiose ma anche culturali e cosmologiche che, essendo proprie di quel tempo, rischiano di risultare difficili da comprendere per noi lettori di oggi, con Dio o senza Dio. Si parla, infatti, di un evento che consiste nel risorgere dai morti e sedere nei cieli alla destra del Padre, al di sopra di forze misteriose tra cielo e terra che vengono definite Principati, Potenze, Forze e Dominazioni a cui si aggiunge ogni nome che possa essere nominato nel presente e nel futuro. Questo evento comporta infine anche l’essere posto di ogni cosa sotto i piedi di Cristo e l’essere costituito di Cristo come il capo, la testa, del corpo che è la Chiesa. Questo linguaggio e questo immaginario, probabilmente così espressivi e significativi per i cristiani di Efeso del primo secolo, rischiano di essere invece distanti dal nostro linguaggio e immaginario, di odierni con Dio o senza Dio, al punto da ostacolare, piuttosto che agevolare, l’accesso alla speranza che vorrebbero trasmettere. È in situazioni come queste che con Dio e senza Dio possono sperimentare il congedarsi da un certo modo, da un certo linguaggio, da un certo immaginario, non più in grado di esprimere e trasmettere la speranza cristiana, come il primo passo per provare a recuperarla.
Nella versione proposta dal vangelo di Matteo il racconto del congedarsi di Gesù presenta elementi di diversità così evidenti rispetto ai racconti di Luca e di Atti, che risulta impossibile tentare di conciliarli nella ricostruzione di un congedarsi di Gesù considerato come evento storico. Non è infatti un evento storico quello che i libri neotestamentari intendono descrivere, essi propongono invece racconti che facciano incontrare i lettori – con Dio o senza Dio – con il messaggio che vogliono comunicare. E lo fanno ciascuno secondo il proprio approccio e il proprio punto di vista. Per questo Luca e Atti pongono a Gerusalemme quello che Matteo colloca in Galilea. Per questo Luca e Atti fanno ascendere al cielo un Gesù che scompare tra le nubi perché lo Spirito possa guidare la Chiesa, mentre Matteo fa rimanere Gesù con gli undici tutti i giorni, fino alla fine del mondo, perché tutti i popoli siano resi discepoli e battezzati. Se quello del Gesù di Matteo non è quindi un congedarsi, ma un restare con gli undici discepoli, vi è un congedarsi che invece è richiesto da Matteo ai suoi lettori ed è quello che può consentire loro di vivere il paradosso al quale la conclusione del suo vangelo invita i discepoli, con Dio o senza Dio: vedere Gesù e insieme prostrarsi e dubitare, leggere nel vangelo la storia di Gesù e prendere congedo dall’idea che si tratti di una storia che debba essere ricostruita dalla scienza storica, una storia nella quale ad un certo punto Gesù debba congedarsi dai suoi. Solo se, infatti, come discepoli con Dio o senza Dio, avremo saputo congedarci dall’idea di doverci legare a una ricostruzione storica della vicenda di Gesù, questa stessa figura di Gesù, congedatasi da un legame troppo stretto con la storia, potrà essere con noi tutti i giorni, fino alla fine del mondo.
Riferimenti:
Dennis E. Smith – Joseph B. Tyson Acts (a cura di), Acts and Christian Beginnings. The Acts Seminar Report, Polebridge Press, Salem (Oregon) 2013.
Le dieci principali acquisizioni del Seminario di studio, dedicato al possibile utilizzo come fonte storica del libro neotestamentario di Atti degli Apostoli, promosso dal Westar Institute in California tra il 2000 e il 2011 (in traduzione dall’introduzione al volume sopra citato, che ne raccoglie gli atti) sono le seguenti:
1. L’autore degli Atti è un esperto narratore/teologo che ha scritto un racconto con finalità decisamente apologetica [in particolare nei confronti della versione del cristianesimo proposta da Marcione e rispetto alla interpretazione marcionita di Paolo e delle sue lettere]
2. Il libro degli Atti è stato composto nei primi decenni del II secolo.
3. L’autore di Atti ha usato le lettere di Paolo come una delle sue fonti.
4. Ad eccezione delle lettere di Paolo, nessun’altra fonte storica attendibile può essere definitivamente identificata per il libro di Atti. Atti utilizza invece una varietà di “fonti” come Giuseppe Flavio, Omero, Virgilio e la versione biblica (veterotestamentaria) dei Settanta. Questi materiali, tuttavia, forniscono unicamente materiale di base o modelli letterari per il racconto di Atti. Non costituiscono di per sé delle fonti storicamente utilizzabili per la ricostruzione delle origini cristiane.
5. Gerusalemme non è stata il luogo di nascita del cristianesimo, contrariamente a quanto narrato in Atti, nei capitoli dall’1 al 7.
6. Atti non può essere considerata una fonte indipendente per la vita e la missione di Paolo. Si può invece affermare che l’uso delle lettere di Paolo come fonte è sufficiente per spiegare tutti i dettagli della vita e dell’itinerario di Paolo in Atti.
7. Atti costruisce il proprio racconto sul modello della letteratura epica e su modelli letterari con caratteristiche analoghe.
8. L’autore di Atti ha creato i nomi dei personaggi come strumenti di carattere narrativo.
9. Atti costruisce i propri racconti per raggiungere obiettivi di tipo ideologico [e teologico]
10. Atti non può essere considerato un resoconto attendibile sul piano storico, a meno che non si dimostri il contrario. L’onere della prova va infatti invertito: Atti deve essere considerato non storico salvo prova contraria.
Questo è l’esito complessivo dei risultati sopra indicati. Mentre Atti è altamente discutibile come risorsa per il cristianesimo del primo secolo, è una risorsa significativa per comprendere i problemi e la forma del cristianesimo del suo proprio tempo, cioè dei primi decenni del secondo secolo.
In conclusione Atti – mentre, come prodotto del secondo secolo, è una risorsa primaria per comprendere il cristianesimo di quel periodo anche dal punto di vista storico – va considerato complessivamente come un mito delle origini cristiane.