Riflessioni teologiche – 53. Cristianesimo ecumenico e pratiche di comunione (parte 14: PARABOLE PER GESTIRE I CONFLITTI: L’INTUIZIONE DEL POVERO)
Briciole dalla tavola. Vangelo per senza Dio
di Alberto Ganzerli
Osare un cristianesimo radicalmente ecumenico, dinamicamente inserito nel processo di riconfigurazione in forma sinodale intrapreso da chiese e comunità cattoliche su impulso di papa Francesco, richiede un rinnovato impegno nel praticare forme di comunione ecclesiale capaci di ampliare la varietà di coloro che potrebbero essere raggiunti o accolti o attivamente coinvolti. Nell’intraprendere questo percorso di ricerca teologica, di esperienza vissuta e di pratiche di sperimentazione ecclesiale potrebbero essere di aiuto diversi approcci teorico-pratici provenienti da alcune fonti di ispirazione: elementi ricavabili dall’esperienza vissuta nelle famiglie, riflessioni sulle comunità di pratica, metodologie per l’ascolto attivo e la gestione dei conflitti, approcci filosofici della teoria dell’attore-rete (ANT) e dell’ontologia orientata agli oggetti (OOO), suggestioni collegate alla nozione di terzo paesaggio e possibili applicazioni di questi approcci alla teologia e alla pratica ecclesiale (parte 14: PARABOLE PER GESTIRE I CONFLITTI: L’INTUIZIONE DEL POVERO)
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Nel proseguire la ricerca di soluzioni creative al problema delle relazioni tra teisti e non teisti nella medesima comunità cristiana, ci viene in aiuto anche una terza parabola richiamata da Marianella Sclavi, dopo quelle del giudice e della bibliotecaria. Il racconto riguarda un contadino povero al quale la divinità concede l’esaudimento miracoloso di un desiderio a scelta. Ma l’iniziale esultanza del povero viene ben presto sostituita dallo sconforto, quando la madre cieca e la moglie senza figli, informate da lui di questa miracolosa e unica opportunità, si contrappongono nel formulare desideri diversi. Il povero si trova così nella difficile posizione di poter esaudire uno solo tra i diversi desideri della madre (riavere la vista), della moglie (avere un figlio) e suo proprio (avere lavoro sufficiente a mantenere la propria famiglia). Dopo essersi consultato con il saggio del villaggio e aver seguito il suo consiglio di decidere solo l’indomani, dopo una notte di sonno, il povero riuscirà infine a formulare con intuizione geniale, al cospetto della divinità, un unico desiderio capace di ricomprenderli tutti e tre: “La mia vecchia madre, prima di morire, vorrebbe vedere il proprio nipote crescere sano e senza che gli manchi nulla di quanto è necessario per una vita dignitosa”. Il contesto ecclesiale delle relazioni tra teisti e non teisti viene provocato da questa parabola a riconoscere anzitutto, in modo paradossale, che il vero e principale miracolo qui non è tanto l’esaudimento – già inizialmente accordato dalla divinità – di un desiderio, ma piuttosto il fatto che si riesca infine a trovare una formulazione del desiderio capace di ricomprendere i tre desideri individuali apparentemente inconciliabili tra loro.
Parlando di cristiani teisti e non teisti, il solo fatto che sia la parola “non” a indicare la differenza tra loro esprime bene l’apparente inconciliabilità di questi due approcci al cristianesimo, ai quali possiamo aggiungere qui, come terzo approccio, anche quello di tipo post-teistico. Nelle comunità ecclesiali abitate da cristiani teisti, post-teisti e non teisti, ciò che infine dovrebbe potere emergere sono forme e formulazioni di desideri che si collocano a un livello diverso, più alto e più profondo, rispetto ai desideri, iniziali e contrastanti, di ogni persona che appartiene o partecipa alla comunità ecclesiale. Le domande che ciascuno dovrebbe arrivare a fare proprie sono allora probabilmente queste: Che cosa possiamo imparare a desiderare insieme come comunità cristiana? In che modo ciò che noi impariamo a desiderare insieme potrebbe cercare e trovare esaudimento? Sulla via di questa sorta di educazione dei propri desideri e di esplorazione dei loro possibili esaudimenti, il racconto introduce come elemento decisivo l’incontro con il saggio, il quale suggerisce fondamentalmente al povero di dormirci su, con la promessa che l’indomani al risveglio la soluzione si presenterà da sé. Anche nei contesti ecclesiali potrebbe essere utile seguire i suggerimenti del saggio: non avere fretta di arrivare a delle conclusioni e prendersi il tempo necessario prima di decidere; lasciare spazio alle dinamiche interiori che si sottraggono al nostro pieno controllo di tipo razionale, come quelle di tipo inconscio che si attivano nella condizione del sonno; confidare nell’intuizione che porta a vedere qualcosa di risolutivo là dove prima non si era in grado di vedere nulla di interessante.
In tutti e tre questi suggerimenti si tratta, pur con modalità diverse, di ampliare, allargare e differire ciò che diversamente, anche nei nostri vissuti ecclesiali comunitari, tenderemmo a concentrare, restringere e abbreviare. Da questo punto di vista, come cristiani teisti, post-teisti e non teisti, siamo tutti vittime di una sorta di triplice tirannia: quella del tempo che stringe, quella della nostra razionalità che deve controllare tutto; quella di una percezione approssimativa, superficiale e frettolosa, che non sa attendere il depositarsi sul fondo di ciò che impedisce la visione di un’acqua finalmente limpida. Ritornare poveri e ridiventare sapienti, come il contadino della parabola, potrebbe liberarci da questa triplice tirannia e rendere la nostra capacità di intuizione creativa e geniale come la sua. Un altro fattore che Marianella Sclavi indica come decisivo per arrivare a soluzioni creative e innovative è la ricerca – la più ampia e capillare possibile – di buone esperienze e buone pratiche. Nel mondo, infatti, vi è una grande quantità di esperienze e pratiche creative e innovative che ci sono ignote, ma che probabilmente hanno qualcosa – o forse anche molto – da suggerirci e da insegnarci. La rete, internet, moltiplica in quantità un tempo impensabili le opportunità di accesso a molte di queste esperienze e consente, a chi abbia la pazienza di cercarle, di potervi attingere per trovare risposte innovative e soddisfacenti ai desideri della propria comunità cristiana. Si potrà così scoprire che un desiderio simile a quello della nostra comunità ecclesiale forse ha già trovato esaudimento in un determinato luogo del mondo e magari in un contesto che non ha nulla a che fare con il nostro contesto di chiesa. Ciò richiederà forse l’impegno di una trasposizione da un contesto all’altro, l’impegno di una traduzione da un linguaggio all’altro, ma la fatica sarà ripagata dall’esaudimento inatteso di desideri ecclesiali e cristiani inediti, capaci di soddisfare insieme teisti, post-teisti e non teisti.
Riferimenti:
Stella Morra – Marianella Sclavi, Sinodalità: Quali pratiche?
Audio-video su YouTube pubblicato il 17 maggio 2022
Si può trovare su YouTube cercando: sinodalità sclavi.
Marianella Sclavi – Lawrence E. Susskind, Confronto creativo. Dal diritto di parola al diritto di essere ascoltati. Con una conversazione tra Marianella Sclavi e Giuliano Amato, Et al. Edizioni, Milano 2011.
Questo titolo è disponibile anche in una nuova versione ebook Kindle del 2021 con il titolo: Manuale di Confronto Creativo. Le Arti della Comunicazione, della Convivenza e della Democrazia nel XXI secolo
Marianella Sclavi, Arte di ascoltare e mondi possibili. Come si esce dalle cornici di cui siamo parte, Bruno Mondadori, Milano 2003.
Le sette regole dell’ascolto attivo si possono trovare sul sito di Marianella Sclavi: www.ascoltoattivo.net
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