Il vangelo di Matteo, presentazione velocissima
Germogli
“germogli” è una collanina, nata quasi per caso, dopo una riunione nella quale mi era stato chiesto di proporre una breve meditazione;
“germogli” è una cosa piccolissima, debole, un timido inizio, niente di ambizioso;
“germogli” ha la pretesa di mettere in comune qualche passo nel cammino di fede guardando alla Scrittura e sapendo che «né chi pianta è qualcosa, né lo è chi irriga, ma è Dio che fa crescere» (1Cor 3,7).
Alberto Bigarelli
Se i vangeli fossero semplicemente il resoconto più o meno accurato della vita di Gesù, non ci sarebbe stato motivo per scriverne quattro e di considerarli tutti canonicamente ispirati. Ma siccome offrono, non tanto dei dati biografici, quanto una personale rielaborazione di quegli eventi alla luce della fede, diventa allora importante conoscere le caratteristiche di ciascuno e dei loro autori. Il primo vangelo che si incontra sfogliando la Bibbia non è però il più antico.
Nella Chiesa dei primi secoli il vangelo di Matteo fu considerato il primo «catechismo» per l’educazione alla fede della comunità. Per questo, tra i quattro vangeli, quello di Matteo è stato il più caro e utilizzato dalla comunità cristiana, sia perché offre tematiche pastorali, legate alla vita quotidiana e orientamenti significativi per un itinerario di fede, sia perché la comunità cristiana, di fronte a falsi maestri, ha visto riflesso in esso l’impegno di fedeltà agli insegnamenti di Gesù-Maestro che aveva detto: «Guardatevi dai falsi profeti che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro son lupi rapaci. Dai loro frutti li riconoscerete. Si raccoglie forse uva dalle spine, o fichi dai rovi? Così ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi» (7,15-20; cf. 24,24-26). Il vangelo è la via sicura per camminare sull’esempio del Figlio verso il Padre (cf. 5,48).
Questa brevissima introduzione a Matteo ha l’ambizione di aiutarti a cogliere il suo grande valore pastorale, vuole introdurti a una maggiore comprensione teologico-spirituale del testo biblico, prima sul piano generale del vangelo con alcune sue caratteristiche, poi a riconoscere la struttura letteraria dei suoi 28 capitoli, e infine a vedere le principali coordinate tematiche che l’evangelista vede sulla presenza di Cristo nella Chiesa e offre alla comunità cristiana di ogni tempo.
- Sono molti a ritenere che l’autore del primo vangelo si nasconda dietro a quello «scriba, divenuto discepolo» di cui si parla in Mt 13,53. In ogni caso, il suo nome in greco (Maththaios), si avvicina molto al verbo greco “mathetheuo” (= diventare discepolo) che sembra usato dall’autore per firmare la sua opera. Matteo fu certamente uno scriba capace non solo di accedere perfettamente alla lingua ebraica e tradurla in un greco piuttosto elaborato e poetico, ma anche di interpretare le sue fonti e rappresentarle secondo un suo originale progetto teologico. Matteo ha la genialità dell’ebreo bilingue che respira in un ambiente aperto all’universalismo, pensa in ebraico e scrive in greco. Conosce bene e cita la versione greca della Settanta (LXX) e traduce liberamente anche il testo ebraico. Il suo greco scorrevole e familiare tradisce inflessioni e usanze semitiche; il suo scritto era destinato certamente a una comunità di giudeo-cristiani in cui la frattura con la sinagoga non è ancora del tutto consumata.
Nell’antichità la successione dei vari capitoli presentati dall’evangelista Matteo fu lodata da Papia di Gerapoli (c. 70-130 d.C.) per l’esposizione ordinata e ampia dei vari insegnamenti di Gesù di Nazareth, per le indicazioni concrete relative all’organizzazione della Chiesa e alla vita dei cristiani. Il testo evangelico è inquadrato nella storia della salvezza, che inizia con il patriarca Abramo (1,1), trova il suo punto focale nella persona di Gesù, l’Emmanuele, che porta a compimento gli annunci dei profeti, aprendo agli uomini un orizzonte di vita nuova con le parole: «Non sono venuto ad abolire la legge o i profeti, ma a dare compimento» (5,17), e si conclude con la promessa della presenza efficace del Signore «fino alla fine del mondo» (28,20).
- Quelle che seguono sono alcune particolarità dell’opera di Matteo, che facilmente balzano agli occhi a chi legge con attenzione e che vanno tenute presenti scorrendo il testo evangelico.
- Le parole di Gesù sono raccolte in cinque lunghi discorsi, preceduti da una sezione narrativa, intessuta anche da detti, brevi dialoghi e insegnamenti del rabbi di Nazaret.
- Il testo è ricco di riferimenti all’Antico Testamento: ci sono 70 citazioni esplicite e circa 130 testi che si rifanno alla prima alleanza; varie sono, inoltre, le formule semitiche, come legare-sciogliere, regno dei cieli, carne-sangue, ecc.; usa le cosidette “formule di compimento” per dimostrare come le attese e le profezie della Bibbia ebraica si compiano pienamente nel vangelo di Gesù Cristo.
- Caratteristico è il richiamo esplicito alla “Chiesa” (letteralm. “assemblea”), la comunità dei credenti in Gesù, che, raccolta intorno al suo Signore, compie sul suo esempio la volontà di Dio Padre. La chiesa non è il “nuovo popolo di Dio” perché il popolo di Dio rimane uno solo e l’elezione di Dio verso il suo popolo è irrevocabile (cf. Rm 9-11). La chiesa non è neppure il nuovo Israele che sostituisce l’Israele infedele.
- Il vangelo dell’infanzia in Matteo (1,1-2,23) si distingue da quello dell’evangelista Luca (1,1-2,52). Mentre questi scrive dal punto di vista di Maria dentro un ambiente sereno e pieno di gioia, Matteo, invece, dà risalto maggiormente ad episodi con la figura di Giuseppe e sottolinea uno sfondo piuttosto drammatico, come la vicenda del sospettoso Erode, la strage degli innocenti e la fuga in Egitto.
- Matteo ci presenta un vangelo antico, che attinge all’evangelista Marco e destinato ad una comunità cristiana di origine ebraica. Il vangelo fu redatto almeno con due edizioni successive: la prima in lingua aramaica e la seconda, più sviluppata, in lingua greca.
- In genere gli esegeti moderni, nonostante alcune divergenze e ipotesi diverse, sono concordi nel presentare la struttura letteraria di Matteo con uno schema che è vicino al vangelo di Marco e che comprende le quattro tappe fondamentali del kérigma o della predicazione primitiva: il battesimo di Giovanni Battista, l’attività pubblica di Gesù in Galilea, il viaggio verso Gerusalemme e il racconto della passione, morte e risurrezione del Signore. Altri, invece, preferiscono dividere il vangelo in due grandi parti: la proclamazione del regno in parole e opere (cf. 4,17-16,20) e la rivelazione di Gesù, il messia rifiutato da Israele e glorificato da Dio (cf. 16,21-28,20), precedute da una introduzione che presenta l’origine, l’infanzia e il destino di Gesù legato alla predicazione del Battista (cf. 1,1-4,16). È preferibile seguire il testo di Matteo, evidenziando il suo materiale tradizionale, intorno ad alcune unità tematiche, che hanno il loro punto focale nella confessione di fede di Pietro. L’apostolo, rispondendo alla domanda di Gesù: «E voi chi dite che io sia?» afferma: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente» (16,16). Questa prospettiva cristologica rimane come centro vitale non solo del testo dell’evangelista, ma dei problemi concreti della stessa comunità primitiva, che vede nel Maestro il compimento della profezia, contenuta nella legge e nei profeti, il giusto rapporto con l’ambiente esterno e con l’agire cristiano. Infatti, nel testo evangelico tra la professione di fede di Pietro e il ritorno finale del Signore si colloca la vita della comunità cristiana, che influenzata dal confronto con la Sinagoga, il problema dell’autorità della legge e i diversi modi giudaizzanti di contestazione della forza dell’annuncio cristiano, aveva ceduto il passo ad una crisi di fede e soffriva una profonda insicurezza su quelli che erano i grandi temi della predicazione apostolica, conosciuti fin dall’inizio del cammino di conversione.
A questa Chiesa l’evangelista Matteo ripropone, in modo genuino, l’essenziale del messaggio e della tradizione cristiana, con concetti e termini presi dal linguaggio e dalla cultura giudaico-palestinese del tempo, senza cedere a compromessi e a contaminazioni: una parola di Dio capace di interpellare l’esistenza cristiana.
- Il vangelo di Matteo risulta organizzato in sette sezioni, di cui la prima sezione riguarda l’infanzia di Gesù (1,1-2,23) e l’ultima quella della passione e risurrezione del Signore (26,1-28,15). Il corpo centrale dell’opera è diviso in cinque sezioni o libretti, che rievocano in qualche modo il Pentateuco mosaico (Gen-Dt). Ognuna di queste sezioni è composta da una parte narrativa (3,1-7,29; 8,1-9,34; 11,2-12,50; 13,53-17,27; 19,1-23,39), che illumina il lettore a comprendere quella seguente, cioè dei cinque discorsi (5,1-7,29; 9,35-11,1; 13,1-52; 18,1-35;24,l-25,46), che è una prolungata catechesi sul tema del «regno dei cieli».
Questo lo schema della composizione letteraria del testo di Matteo:
- Prologo: genealogia e racconti dell’infanzia
(1,1-2,23)
- La genealogia di Gesù (1,1-17)
- La nascita di Gesù (1,18-25)
- L’adorazione dei Magi e la fuga in Egitto
(2,1-15)
- La strage degli innocenti e Gesù va a Nazareth (2,16-23)
- L’annuncio del Regno (3,1-7,29)
- Sezione narrativa: l’inizio del ministero di Gesù (3,1-4,25)
- Il discorso della montagna (5,1-7,29)
- Il ministero in Galilea (8,1-11,1)
- Sezione narrativa: i dieci miracoli (8,1-9,34)
- Il discorso missionario (9,35-11,1)
- Controversie e parabole (11,2-13,52)
- Sezione narrativa: il rifiuto dei giudei (11,2-12,50)
- Il discorso in parabole (13,1-52)
- Gesù e i discepoli (13,53-18,35)
- Sezione narrativa: episodi prima del viaggio verso Gerusalemme (13,53-17,27)
- Il discorso ecclesiale (18,1-35)
- Il viaggio di Gesù a Gerusalemme (19,1-25,46)
- Sezione narrativa: avvenimenti lungo il viaggio (19,1-23,39)
- Il discorso escatologico (24,1-25,46)
- La passione, la morte e la risurrezione (26,1-28,15)
Epilogo: il Risorto e la missione dei discepoli (28,16-20)
Considerando la struttura letteraria così bene ordinata del vangelo, siamo in grado di cogliere alcune riflessioni care all’evangelista e riguardanti la presenza di Cristo nella vita della Chiesa e del credente.
- Dopo aver esposto in breve il piano generale dell’opera di Matteo con alcune sue caratteristiche, queste le principali tematiche teologico-spirituali, che stanno a cuore all’evangelista e che raccogliamo attorno a tre centri di interesse: Gesù, la Chiesa, la vita del cristiano.
- Gesù, protagonista del Vangelo. Se è vero che il vangelo di Matteo si presenta come un testo catechistico per eccellenza, si deve anche affermare che esso in primo luogo è cristologico, in quanto l’evangelista espone il significato salvifico della persona di Gesù, della sua parola e della sua vicenda umana. Il ritratto del Gesù di Matteo non si allontana da quello degli altri evangelisti, ma certamente assume alcuni tratti caratteristici, che lo rendono originale. Gesù, infatti, è il Messia davidico annunciato dalle Scritture; è il Maestro superiore a tutti gli scribi d’Israele (7,28-29), colui che insegna con autorità; il nuovo Mosè che porta a compimento la Toràh, la legge della nuova alleanza, sul cui volto risplende la gloria di Dio (cf. Es 34,20-30; Mt 5,21-48; 17,1-8). Gesù è il Signore risorto, il Kyrios, che annuncia il regno di Dio agli uomini; l’Emmanuele, che accompagna il cammino della comunità cristiana; egli è il Figlio dell’uomo, a cui è conferito ogni potere in cielo e in terra, e che la comunità dei credenti riconosce quale Signore e Giudice della storia e del mondo, colui che valuta le azioni dell’uomo e mette in risalto i tratti trascendentali e l’autentica manifestazione di Dio. Ma egli è anche il Medico, che risana da ogni male e infermità (4,23; 9,35; 10,1) e il Misericordioso, che porta sulle sue spalle il peso e le sofferenze degli uomini (9,13.36; 12,7; 15,29-31).
Il fascino, tuttavia, del vangelo di Matteo si concentra sul discorso programmatico che Gesù rivolge alle folle nel «discorso della montagna» (5,1-7,29), nel quale è contenuta la proclamazione del vangelo del Regno riassunta nelle parole «Il regno dei cieli è vicino» (4,17.23). Da questo discorso scaturisce anche la missione di Gesù, che consiste nel far conoscere la volontà del Padre come progetto di vita per i discepoli. Tale adesione alla volontà di Dio si compie per mezzo della «giustizia», condizione essenziale per diventare veri discepoli del Maestro e per entrare nel Regno, facendo parte della famiglia dei figli di Dio (5,17.20.48; 7,12; 22,37-40). Ma la virtù della «giustizia» si pratica nella misura in cui i credenti vivono l’amore verso i «piccoli» e i «riconciliati» (11,25-26; 18,3), ad imitazione del Figlio di Dio, che si è fatto povero e piccolo per rivelare e attuare la nuova presenza del Padre.
- La Chiesa, comunità dei discepoli di Gesù – Tra i quattro evangelisti Matteo è l’unico ad usare la parola «Chiesa» e ciò mette in luce la sua elevata ecclesiologia. Egli, a buon diritto, può chiamarsi l’evangelista della comunità cristiana (16,18; 18,17) e il suo scritto può dirsi un “vangelo ecclesiale”. Molti testi che l’apostolo presenta sono ecclesiali non solo perché rivolti ai membri di una comunità giudeo-cristiana sparsa nella terra di Palestina, ma soprattutto perché essi tentano di rispondere alle esigenze concrete della comunità, che viveva verso la fine del primo secolo in conflitto con il giudaismo ortodosso, ancorato alla rigida legge degli scribi e dei farisei. Tuttavia la concezione ecclesiologica di Matteo si concentra attorno alla persona di Cristo, come giustamente afferma l’evangelista, quando riporta le parole del Signore: «Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro» (18,20), e si fa visibile nella persona dell’apostolo Pietro, capo della comunità ecclesiale (16,17-19). Con la sua professione di fede: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente» (16,16), Pietro diviene la «roccia» su cui va costruita la comunità dei discepoli, che ha come vocazione quella di ammaestrare tutte le genti, secondo il comando del Signore (28,19).
- L’idea di Chiesa che Matteo si preoccupa di presentare nel suo vangelo è la convocazione dei discepoli del Signore, che Gesù stesso raduna intorno a sé e forma personalmente ad una «giustizia» che supera la legge mosaica e che è caratterizzata dalla vita fraterna e dall’amore a Dio e ai fratelli. Tuttavia, è l’iniziativa di Dio Padre che sta all’origine della convocazione dei discepoli, che tramite la persona di Gesù, egli sceglie per il Regno dei cieli perché «poveri nello spirito» e «piccoli» (18,3). Il modello di relazione, infatti, che deve essere presente all’interno della Chiesa è quello che Gesù stesso ha mostrato nel presentare un bambino in mezzo ai suoi discepoli: «Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenute nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli» (11,25).
Questa comunità a sua volta, dopo il ritorno di Gesù al Padre, è spinta dall’evangelista a rivivere la storia del profeta di Nazareth, formando una fraternità, che ascolta e compie la volontà di Dio, in continuità con le Scritture antiche e attualizzando le parole e le azioni compiute da Gesù. E tramite tale comunità, impegnata a vivere le relazioni fraterne e l’amore misericordioso, che il Cristo risorto continua ad essere presente e operare per la salvezza degli uomini. Questa relazione di appartenenza personale al Signore e la pratica della «giustizia» qualificano la concezione di Chiesa e la rendono missionaria attraverso la testimonianza della venuta del Regno e della concreta e gioiosa esperienza dello spirito delle beatitudini.
- La missione della Chiesa si lega a quella del Maestro, che invia i suoi discepoli alle pecore perdute della casa di Israele (cf. 10,6). In particolare, le istruzioni che Gesù rivolge ai Dodici, formandoli alla sua sequela, diventano la magna carta per tutti i discepoli di ogni tempo, mandati a far proprio l’annuncio dell’evangelo con una testimonianza coerente di vita (10,1-42). Questa missione della Chiesa è esposta all’insicurezza, al rifiuto e anche alla persecuzione in un mondo spesso ostile al messaggio di Gesù: «Ecco: io vi mando come pecore in mezzo ai lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe» (10,16). Ma ogni difficoltà o sofferenza, subita a causa della «giustizia», è sorretta e guidata dal dono dello Spirito, che, quale dono di Dio, rende coraggiosi e liberi i discepoli di fronte ad ogni prova. Con fiducioso coraggio e nella fedeltà evangelica essi saranno «sale della terra e luce nel mondo» perché tutti gli uomini possano riconoscere l’unico Padre buono che è nei cieli (cf. 5,13-16).
- Un elemento significativo della catechesi di Matteo riguarda anche i diversi aspetti della vita cristiana e il conseguente comportamento di fede. Il suo vangelo, infatti, intende stimolare una condotta che si ispiri all’insegnamento di Gesù. I membri della comunità cristiana, infatti, devono fuggire una vita superficiale, liberarsi dall’individualismo per testimoniare una vita fedele alle esigenze del regno. Questo concreto stile di vita si traduce, secondo lo spirito delle beatitudini, nella conformità alla volontà di Dio, cioè nella «giustizia», che Gesù ha realizzato nell’obbedienza al Padre e a cui ogni cristiano deve guardare come modello. Questa “giustizia” che è dono di Dio, in vista del Regno dei cieli, è da ricercare costantemente. Per questo la vita di fede del cristiano, nonostante le difficoltà di ogni genere, va vissuta verificando ogni giorno se le sue opere sono fatte in Dio, sia per superare il pericolo costante dell’indifferenza, sia per camminare verso la santità come quella del Padre che è nei cieli. Il distacco dai beni del mondo, le prove e le persecuzioni della vita, vissuti seguendo l’esempio di Cristo, provocano la presenza dello Spirito di Dio, che dona gioia e pace interiore profonda nel cuore del cristiano.
A questa condizione i singoli membri della comunità cristiana possono comprendere e vivere esigenze del Regno e vedere con cuore rinnovato la presenza di Dio. Tuttavia, la norma di vita che permette al cristiano di praticare la “giustizia” rimane la legge dell’amore, criterio ultimo e di giudizio da parte di Dio sulle azioni umane. Il giudizio finale, infatti, verterà sulle opere di misericordia praticate verso il prossimo affamato, assetato forestiero, nudo, ammalato o in carcere, accolto come la persona stessa di Gesù (25,31-46). Nel vangelo di Matteo tutto è sotto il segno del giudizio, come bene si esprime il discorso de montagna: «Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli (7,21). In realtà, chi ha conosciuto l’amore Dio è in grado e deve, a sua volta, amare liberamente come Dio stesso ha amato.
Conclusione – L’apparizione del Signore risorto e le parole egli rivolge ai discepoli in Galilea riassumono bene tutto l’insegnamento del vangelo di Matteo nella duplice fedeltà alla memoria storica di Gesù e alla vita di fede della comunità. «Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate e ammaestrate tutte le nazioni… Io sono con voi tutti giorni fino alla fine del mondo» (28,18-20). L’insegnamento pastorale della teologia spirituale di Matteo, che emerge dalla sua cristologia ed ecclesiologia, è quello di un’esperienza personale da fare con il Cristo, che interpella l’esistenza del cristiano e quella di una vita fraterna all’interno della comunità cristiana, in cui si fa visibile amore verso tutti gli uomini, specie se “piccoli”, poveri e bisognosi di perdono.
Per approfondire:
- Barbaglio, Il vangelo di Matteo, in G. Barbaglio – R. Fabris – B. Maggioni, I Vangeli, Cittadella, Assisi 1985.
- Bosetti, Matteo, un cammino di speranza, EDB, Bologna 2002.
- Ernst, Matteo, un ritratto teologico, Morcelliana, Brescia 1992.
- Fabris, Matteo, Borla, Roma 1982;
- Fausti, Una comunità legge il vangelo di Matteo, I-II, EDB, Bologna 1998.
- Mello, Evangelo secondo Matteo. Qiqaion, Bose 1995.
- Segalla, Evangelo e vangeli, EDB, Bologna 1998.
J.L. Ska, Cose nuove e cose antiche, Pagine scelte del Vangelo di Matteo, EDB, Bologna 2004.