Riflessioni teologiche – 8. La chiesa dell’autostrada di Michelucci
Briciole dalla tavola. Vangelo per senza Dio
di Alberto Ganzerli
Nella chiesa dell’autostrada, progettata da Giovanni Michelucci, si offre un’architettura di percorso capace di rappresentare plasticamente ciò che la comunità ecclesiale potrebbe diventare se scegliesse di aprirsi anche ai senza Dio.
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riflessioni teologiche 8
Negli anni ’60 del secolo scorso il Concilio Vaticano II tenta un arduo rinnovamento della Chiesa – rivelatosi poi incompiuto – e l’Italia conosce un nuovo sviluppo, rivelatosi anche esso incompiuto e ambivalente, sviluppo espresso anche attraverso la costruzione di una nuova autostrada capace di unire il paese da nord a sud. In quegli anni l’edificazione di una nuova chiesa presso l’uscita di Firenze Nord non solo riassume ed esprime simbolicamente alcuni elementi di questo rinnovamento e di questo sviluppo, ma suggerisce e lascia già intravedere – a mio avviso – ciò che la Chiesa potrebbe essere e diventare, se scegliesse di essere una Chiesa aperta anche ai senza Dio.
La Società Autostrade commissiona la nuova chiesa all’architetto Giovanni Michelucci, il quale la progetta – ispirandosi dichiaratamente ai temi del percorso, della sosta e dell’incontro – come un luogo in cui chiunque, credente o meno, sostandovi durante il proprio viaggio, possa trovare ciò che sta cercando e di cui in quel momento ha necessità. Il carattere ovviamente laico e non confessionale dell’autostrada alla quale si ricollega il nuovo edificio, costituisce uno stimolo potente all’apertura e al superamento di ciò che in un luogo dichiaratamente religioso potrebbe respingere il non credente.
Anche i vincoli e i limiti che la comunità ecclesiale sperimenta nel suo attraversare la storia e nel suo aprirsi ai senza Dio sono in qualche modo rispecchiati nella vicenda costruttiva dell’edificio con i suoi vincoli (le fondamenta e le opere scultoree ereditate da un progetto precedente) e i suoi limiti: in particolare l’impossibilità – per motivi di sicurezza – di rendere completamente percorribile al visitatore anche il tetto e le coperture esterne della chiesa, come invece l’intuizione di Michelucci si spingeva a immaginare. Tra le idee alla base del progetto vi è infatti quella di «un edificio, per così dire, senza fine, cioè aperto» nella molteplicità dei suoi percorsi esterni e interni, così da segnare insieme una continuità e una discontinuità spazio-temporale con le strade dalle quali si arriva e lungo le quali si riparte.
Chiunque transiti per l’autostrada, compreso il non credente, è invitato a fermarsi per sostare, entrare, camminare dentro e fuori la chiesa, esplorarla e abitarla, non per essere trattenuto o vincolato a qualcosa che percepisce come estraneo a sé, ma per ritrovare più profondamente sé stesso e – se lo desidera – anche gli altri. Così chi si trova ad attraversare gli spazi della chiesa può fare esperienza – in modo fisico, sensoriale e insieme concettuale e spirituale – della ricchezza simbolica ed evocativa che si trova in questo particolare edificio: trovare riparo sotto quella che viene innalzata come una gigantesca tenda e costruire – tra i tanti possibili – il proprio personale itinerario, con Dio o senza Dio, scegliendo quale successione dare all’esplorazione dei diversi spazi.
L’invito è ad addentrarsi in quella che si offre come una labirintica città: l’ingresso con i rilievi bronzei dei patroni delle città attraversate dall’autostrada, il corridoio penitenziale della via crucis e il corridoio battesimale trasformato in un chiostro sul giardino degli ulivi, i passaggi che si aprono inattesi tra i vari ambienti, la balconata affacciata sull’aula principale, una scala a chiocciola che anticipa il percorso a spirale del battistero, dove si viene immersi per riemergere come da un sepolcro a nuova vita, le porte esterne che evocano i temi dell’esodo e del viaggio dei magi, dei santi viandanti Rocco e Cristoforo e dei santi patroni dei viaggiatori, il sentiero sopraelevato nel verde che circonda la chiesa, offrendo punti di vista sempre diversi, facendola contemplare ora come una città fortificata, ora come una montagna ripidissima o come un Golgota con in cima una croce.
Come auspica lo stesso Michelucci, nei percorsi e spazi che costituiscono la chiesa il visitatore, l’ospite – con Dio o senza Dio – può trovare una rispondenza, almeno parziale, di ciò che più si confà al suo stato d’animo, può scegliere uno spazio appartato o uno che sia ritrovo di altre persone, restandosene solo o unendosi agli altri, secondo la sua preferenza del momento, riscoprendo così la misura della propria interiorità come spinta a ritrovare una fondamentale libertà.
Riferimenti e fotografie:
G. Michelucci, Giustificazione di una forma architettonica, in “Autostrade” 1964 (3) pp. 7-9, ripubblicato in La chiesa dell’Autostrada del Sole. San Giovanni Battista a Campi Bisenzio, Firema, Roma 1964, pp. 5-6.
A. Ottani Cavina, Firenze: chiesa dell’autostrada del sole: San Giovanni Battista, Il Resto del Carlino, Bologna 1977.
C. Conforti – R. Dulio – M. Marandola, Giovanni Michelucci 1891-1990, Electa, Milano 2006.
G. Scotto, La “Chiesa dell’Autostrada” di Giovanni Michelucci. Una lettura estetica, Grin, Norderstedt 2012.
F.M. Bacci, San Giovanni Battista all’Autostrada. Guida alla visita, Idest, Campi Bisenzio 2014.
A. Merlo, Non disegnata ma modellata: Il rilievo della chiesa dell’Autostrada di Giovanni Michelucci, Didapress, Firenze 2020. Il volume è consultabile sul Sito Ufficiale della Fondazione Giovanni Michelucci.
(Tutte le seguenti fotografie sono di Alberto Ganzerli)