Riflessioni teologiche – 4. Fede come fiducia umana

Briciole dalla tavola. Vangelo per senza Dio

di Alberto Ganzerli

Il teologo Christoph Theobald ritiene che ogni essere umano possa vivere solo grazie a una fede e fiducia di tipo antropologico, che gli altri con la loro accoglienza rendono possibile e che emerge in particolari momenti di interruzione e di apertura.


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Ricercando forme e significati della fede che possano essere sperimentabili anche da senza Dio, incontriamo le riflessioni proposte dal teologo Christoph Theobald, un gesuita francese. La sua tesi è la seguente: l’altro non è semplicemente un non cristiano, ma un vero credente, nel senso fondamentale del termine. Ogni essere umano, infatti può vivere solo grazie a quello che Theobald chiama un credito di fiducia elementare che, secondo lui, ha tre caratteristiche: la prima: si tratta di un atto necessario alla vita; la seconda caratteristica: non è mai dato in modo definitivo e perciò va attivato in determinate situazioni e occasioni; la terza caratteristica: sono sempre gli altri a generare questo atto in noi, ma senza poterlo tuttavia compiere al posto nostro.

Theobald presenta questo tipo di fede a partire dall’episodio evangelico della donna guarita dalle sue emorragie grazie all’incontro con Gesù. In questo testo si narra di un incontro che stabilisce una relazione, della quale Gesù evidenzia il paradosso, riconoscendo già presente nella donna una fede che esiste prima dell’incontro con lui, ma una fede di cui la donna diviene consapevole solo grazie all’incontro con Gesù; ciò rende possibile alla donna attivare, grazie alla fede già presente in lei, un modo nuovo di interpretare l’esperienza della propria malattia, capace di condurla alla guarigione.. e il tutto avviene senza che in questo testo compaia il termine Dio.

La fede, intesa da Theobald in questo senso, è quindi un fenomeno antropologico originario, non necessariamente religioso, che consente – a partire da questa fiducia originaria – di affrontare la propria vulnerabilità, di aprirsi al mondo e di iniziare a interrogarsi sull’orientamento e sul senso della propria esistenza. Un atto di fede corrispondente a questo tipo di fede antropologica suonerebbe quindi più o meno così: confido e mi affido, nella mia vulnerabilità, all’enigma della mia esistenza nel mondo, nella speranza che, con questa fiducia, non finirò per perdere me stesso.

Vi sono in particolare alcuni momenti di interruzione nell’esistenza di ciascuno di noi, che esigono da noi questa fede fondamentale nella vita e che sperimentiamo in tre forme principali: la prima forma di interruzione: i momenti di crisi, quando un equilibrio si rivela precario e si deve trovarne un altro; la seconda forma di interruzione: il fatto che i nostri progetti orientati al futuro non raggiungono l’esito previsto, o perché falliscono o perché trovano un successo inatteso e sovrabbondante; la terza forma di interruzione: i casi fortuiti della nostra vita, banali o importanti, che danno una svolta all’intera vicenda della nostra esistenza.

Questi momenti di interruzione sono stati anche definiti come situazioni di apertura, di scoperta, di improvvisa e inconsueta chiarezza, situazioni nelle quali la nostra vita e quella altrui si rivelano nella loro totalità, nel loro significato complessivo, posto tra i confini estremi della nascita e della morte, nella loro fondamentale coerenza o, al contrario, nella loro fondamentale incoerenza. Si possono certamente ignorare superficialmente questi momenti o ritrarsene, come spaventati davanti ad un abisso. Ci si può però anche abbandonare ad essi senza premeditazione.

Ciò che rende possibile in noi questo atto di fede elementare nella vita sono sempre gli altri, a partire da coloro che ci sono più vicini. Costoro – a partire dai genitori e da chi si prende cura di noi – con la loro radicale accoglienza e ospitalità nei nostri confronti, ci rendono possibile osare questa fondamentale fiducia e ci collocano in un mondo di tradizioni di senso e di linguaggi, con i quali possiamo iniziare ad esprimere, esplorare e interpretare il mondo. E tutto questo – questa esperienza vissuta di fede nella vita – avviene tanto se siamo dei con Dio quanto se siamo dei senza Dio.

Riferimenti:

C. Theobald, La fede nell’attuale contesto europeo. Cristianesimo come stile, Queriniana, Brescia 2021, pp. 60-71.

Marco 5,21-43